lunedì 23 novembre 2009

The long long riders...

I cavalieri dalle lunghe ombre è un western realizzato nel 1980 da Walter Hill tenendo bene a mente la lezione di Sam Peckinpah. Lo stile del grande regista californiano viene infatti evocato sia nel «battito» impresso alla narrazione (cupa e autunnale), sia nell'innesto cadenzato di azione e violenza, entrambe di grande impatto visivo.
Sceneggiato da Bill Bryden, Steven Smith e da James e Stacy Keach - questi due anche interpreti della pellicola -, la pellicola rispetta quasi tutti gli stereotipi del genere riproponendo l'ennesima ballata sul clan di Jesse James, il bandito che in più di mezzo secolo, da quando apparve L'insorto di Ingraham (1927), ha nutrito la fantasia di cineasti di razza (l'ultimo in ordine cronologico è il bel film dell'australiano Dominik, ne parlammo qui). Qui le variazioni sul tema sono pochine, ma bastanti a fare del lungometraggio un piccolo cult per gli appassionati: prima fra tutte l’idea del regista di far interpretare a quattro gruppi di veri fratelli (i Keach, i tre Carradine, i Quaid e i Guest) i James, gli Younger, i Miller e i Ford. Più che un escamotage pubblicitario, la trovata intende sottolineare l’importanza di quei legami di sangue senza i quali - anche nella realtà storica - non si spiegherebbe il successo di Jesse il bandito; e le quattro famiglie (della finzione e della realtà) sono inserite in un più ampio contesto sociale dove i riti collettivi scandiscono le occasioni di una solidarietà che fa muro contro le leggi. I cavalieri dalle lunghe ombre, suggestiva versione in italiano del più diretto titolo originale the long riders, si srotola tra un matrimonio ed una rapina, tra un funerale e l'altro, tra amori e sparatorie, conflitti familiari di questo gruppo di fratelli sempre pronti a imbracciare le armi. Hill seleziona locations non immediatamente riconducibili all'immaginario western di celluloide: i territori a sud del Missouri (dove realmente si svolsero gli eventi narrati), tra l'umidità delle paludi e l'inverno gelido incipiente, eppure alla fine ciò contribuisce ad accantonare (parte del)la leggenda per tracciare invece il profilo di uomini veri, immersi nelle loro paure e logorati dalla nostalgia per le loro donne, uomini che vivono in un posto in cui perpetrare il crimine non significava necessariamente non condurre esistenze pregne di affetto e regole morali. A modo suo, un film capolavoro.

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