mercoledì 23 aprile 2014

western d'appendice...

Da quando anche da noi, grazie al successo dell'obiettivamente magnifico La strada, Cormac McCarthy non è più un piatto destinato solo a lettori dal palato sopraffino, gli uffici-stampa delle case editrici italiche hanno imparato a infilare il suo nome ad ogni pié sospinto nelle quarte di copertina. Basta che un romanzo tratti di montagne assolate, di mustang indomabili o di pistole pronte a crepitare che subito lo spettro del Grande Texano compare sullo sfondo. Eppure non sta scritto da nessuno parte che il filone del cosiddetto «neowestern» (quello cioè che s'impernia sul rifiuto di una modernità sfilacciata e transeunte in favore d'un ritorno al classico rapporto con la natura) debba necessariamente pagare il debito con la prosa enfia e irraggiungibile dell'autore di Meridiano di Sangue.
Così giovane, bello e coraggioso, il nuovo lavoro di Leif Enger, è ad esempio un romanzo che ci mette davanti degli eroi veri, a tutto tondo, scolpiti nella pagina senza una parola in eccesso, collocati in ambientazioni dove l'epica da cavaliere solitario e la modernità (il romanzo è ambientato nei primi del Novecento) si sfiorano. Senza però inoltrarsi nel robusto scandaglio metafisico del «Male» (alla maniera, appunto, di McCarthy o meglio ancora dei suoi più grandi numi letterari: Faulkner e la O'Connor), piuttosto restituendoci il piacere innocente della narrazione d'appendice.
Siamo nel Minnesota e Monte Becket, autore di un solo ma fortunato bestseller, è in piena crisi creativa. Moglie e figlio lo sostengono, ma le sue storie hanno perso forza. Finché non gli piombano addosso l’ex-bandito Glendon Hale, l’anziano ma instancabile detective Charlie Siringo, lo scavezzacollo Hood Roberts, un barnum accampato nel bel mezzo della prateria, una città in fiamme, un frutteto trapiantato dai Mari del Sud alla California, un’alluvione, un paio di sparatorie, inseguimenti d'ogni tipo (cavallo, macchina e barca). E, ovviamente, una muy caliente messicana. Insomma, sembra che Enger abbia concentrato tutti gli ingredienti più classici del genere per cucinare una vera e propria dichiarazione d’affetto ai romanzi d'intrattenimento. E non è un caso che nella partita ci sia anche Charles Angelo Siringo, investigatore italoamericano al soldo della famosa agenzia Pinkerton, personaggio autenticamente esistito nonché scrittore egli stesso che precorse il genere western. Ci mette un po' a carburare, però il libro a un certo punto decolla, e quando parte si vola che è un piacere.

Così giovane, bello e coraggioso
Leif Enger (Ed. Fazi)

2 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Siringo mustangs indomabili da sempre, dal giorno dopo il Grande Botto. Il mondo non è finito con il botto e nemmeno con un gemito. Un trust di mad doctors da qualche parte ha lanciato una atomica senziente nel punto ics dove si intrecciavano le Stringhe della Teoria ( per vedere l'effetto che fa, come cantava il Tale ) e la realtà è diventava una cosa bislacca in cui tutto è possibile ed occorre drogare quattroruote selvatiche con una intramuscolare di prosa enfia e irraggiungibile perchè non scorrazzino senza controllo e piallino gli ufficio -stampa- zombies ovvero combo di Robbie Robots ed Omoni Michelin che vagano per il Grande Texas vomitando ciclostili con l'unica notizia ovvero nessuna nuova notizia. Non dico che sia la vita che sognavo - prima del Grande Botto usavo il mio potere mutante latente per avvertire l'appendice sfilacciarsi ed invitare il paziente ad operarsi per tempo - ma quando smonto dal mio turno ed appendo la mia siringa al chiodo ovvero la lancio al centro esatto di un bersaglio che è il centro esatto della (mia ) musica , come direbbe il Tale, posso correre, dopo il crepuscolo, al Meridiano di Sangue dove balla sotto vetro una messicana mezzo greca muy caliente a nome Selinunte Transeunte che, a volte, per un bizzarro gioco di luci, pare mi sorrida. Purtroppo è sposata a Charles Angelo Meridiano, un sanguigno rackeeter vecchio, brutto e pavido ergo irresistibile se sei una campionessa di lotta grecomessicana nell'insalata di guacamole e feta. Peccato.

sartoris ha detto...

@Crepascolo: giuro che prima o poi carpirò il segreto dei tuoi commenti. A me la Stele di Rosetta. (mi basta solo la Rosetta, vah:-)

(Robbie Robots è da brivido di nostalgia!)