domenica 16 marzo 2014

tempesta di tenebre...

«Ero tornato nella mia casa in Connecticut. Era ottobre, e non potrò mai dimenticare uno dei segni della malattia di allora: l'aria sinistra, quasi palpabile, che cominciò ad assumere ai miei occhi la vecchia casa di campagna che era stata mia fedele e amata dimora per trent'anni. Accadeva soprattutto nel tardo pomeriggio, quando il mio umore toccava invariabilmente il punto più basso. La luce evanescente del tramonto (sorella al famoso "declivio di luce" di Emily Dickinson, che alla poetessa parlava di morte, di gelida estinzione), senza nulla della sua consueta bellezza autunnale, mi serrava nella morsa di un'oscurità soffocante. Mi domandavo com'era possibile che questo luogo amico, brulicante di tanti ricordi, di "Ragazzi e fanciulle" (è ancora la Dickinson), di "risa e sospiri e malizia, / e riccioli e morbide vesti", potesse sembrarmi ostile e minaccioso in modo così tangibile. Non ero affatto solo, in senso fisico. Come sempre, Rose era presente e ascoltava con infinita pazienza la litania dei miei lamenti. Eppure, mi sentivo immensamente e dolorosamente solo. Non riuscivo più a concentrarmi durante le ore del pomeriggio che per anni erano state le più produttive e l'atto stesso di scrivere divenne sempre più difficile, stancante, fino a incepparsi e poi ad arrestarsi del tutto.»

Un'oscurità trasparente
William Styron (Ed. Mondadori)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Formidabile il titolo originale...
Pippo

sartoris ha detto...

Pippo, hai ragione, quoto al 100 per cento ;-)