sabato 27 giugno 2009

L'estate di Montebuio...

«Vince ha appena comperato le sue famose scarpe nuove a Venezia.
L’acqua alta, traboccante dai tombini, minaccia di bagnarle.
Vince si ripara sotto un arco antico, scolpito di complicati intarsi. Nota che nell’arco c’è un grosso frammento mancante.
Poi l’acqua del chiusino trabocca con più forza, raggiunge Vince fino a quel suo riparo e gli bagna la punta delle scarpe. Lui ha appena il tempo di lamentarsi. E si accorge di un fatto incredibile.
L’acqua non scivola giù dal cuoio delle sue calzature come sarebbe normale che accadesse. No. Si è come solidificata.
Sta per chinarsi e toccare con mano quello strano fenomeno fisico, quando, all’improvviso, vede UN OCCHIO APRIRSI NEL SELCIATO e la strana sostanza prendere la forma di una mano bestiale. Gli artigli s’incurvano, perforano la tomaia delle scarpe, gli trapassano il dorso dei piedi, affondando senza pietà nella carne e nelle ossa.
Ha appena il tempo di rendersi conto, Vince, che qualcosa lo sta tirando giù, con una forza e una rapidità disumane. Ha la lucidità di ricordare che sotto di lui c’è soltanto il chiusino con le sue grate strettissime: non più di due centimetri di distanza l’una dall’altra. Il terribile scricchiolio delle proprie ossa che si frantumano, il mondo che sembra capovolgersi, il suono flaccido della carne che si stacca: questo fa capire a Vince che la cosa sta cercando di farlo passare proprio attraverso quelle grate.
Il movimento verso il basso si ferma di colpo. Vince, agonizzante ma ancora cosciente, osa abbassare gli occhi. Ciò che vede, è il resto del proprio corpo, dal bacino in su, che sbuca dal tombino. Le gambe, invece, sono completamente sprofondate dentro le grate. Quel che resta degli arti inferiori è un ammasso di carne, muscoli e stoffa insanguinata, che gli si è praticamete arrotolato attorno al bacino, come un paio di calzoni troppo larghi. Dal tombino, uno spruzzo d’acqua gli inzuppa i vestiti, i capelli, la faccia. Il petto.
Come accaduto prima nell’attimo della “cattura”, il liquido melmoso di solidifica su di lui. Decine di artigli cominciano a lavorargli la pelle del torace, strappando via i vestiti, incidendogli la carne, aggrappandosi come uncini alle costole, incuranti delle sue urla. Dopo averlo scuoiato, gli schiodano la cassa toracica. Vince, con gli organi interni all’aria e ancora pulsanti, ha l’ultimo guizzo di lucidità e la reazione disperata di chi sta per morire. Scorge qualcuno in fondo alla calle: un gruppo di turisti giapponesi. Cerca di urlare. Ne viene fuori un suono gorgogliante, ma i nipponici vedono. Corrono verso il poveretto. Vince, ormai ridotto a una marionetta sventrata che ondeggia sul tombino, cerca di indicare il responsabile della sua morte: la cosa informe, mutevole, che ancora gli grava addosso, sotto forma di artigli. I giapponesi sono ormai vicini. Di scatto, il mostro allo stato materico si ritrae dal corpo della sua preda e sprofonda verso il basso. Il gigantesco occhio si richiude.
I giapponesi hanno visto un grande occhio succhiarsi un uomo da sotto un marciapiede!»

L'onda - Morgan Perdinka
(in realtà Danilo Arona per Ed. Gargoyle Books)

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