Basandosi sul romanzo Mountain Man di Vardis Fisher nonché sul racconto Crow Killer di Raymond W. Thorp e Robert Bunker (e attingendo inoltre dalle cronache del west più selvaggio, nelle quali si documentano almeno un paio di figure di trappers reali che hanno sicuramente influenzato il film), il grande John Milius (in seguito regista di filmoni come Conan e Un mercoledì da leoni) confeziona la sceneggiatura di quello che per molti resta il miglior film di Sidney Pollack: stiamo parlando di Jeremiah Johnson alias Corvo rosso non avrai il mio scalpo (1972). La vicenda è ambientata nel 1840 e vede Jeremiah Johnson, stanco delle convenzioni sociali, ritirarsi sulle Montagne Rocciose come un novello Walden. La sua nuova esistenza di cacciatore brado lo porta a formarsi una famiglia, adottando un orfano e sposando la figlia di un capo indiano. Quando i Corvi, per vendetta, gli uccidono l'una e l'altro, sarà l'avvio d'una guerra personale per la quale la sua figura, agli occhi dei selvaggi (e contemporaneamente dello spettatore), assumerà una statura leggendaria.
Perseguendo la poetica del «testimone mai giudicante», poetica cara a John Ford e che racchiude dentro sé tutte le tracce d'una attenzione quasi devota verso il testo, il regista si innamora (e ci fa innamorare) di un personaggio immenso, capace di abbandonare le certezze della propria esistenza per gettarsi nelle fauci della pura wilderness con spirito ribelle e fortemente, problematicamente «macho» (a tal fine l'interpretazione di Robert Redford diventa centrale per la pressoché totale coincidenza tra significato e significante). La costante ricerca di innovazione, senza abdicare però alla lezione dei maestri del genere, fanno del Pollack di questi anni un cineasta capace di lirismo e tenerezza. E il suo stile aspro, grafico, imprevisto nella scelta delle inquadrature, nel movimento dei piani e nei contrasti delle luci, corrispondono alla corposa riflessione sul «passare del tempo» che permea il suo lavoro e questo film in particolare. Corvo rosso è il simbolo di un ritorno alla natura fatto di sangue, fatica, amore e dolore, capace di custodire il passato, mettersi in relazione con la memoria a partire dalla ferinità del proprio corpo. Influenzerà decine di epigoni, finanche il fumetto Ken Parker.
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