Viva La Vida (Or Death And All His Friend) è il lunghissimo titolo dato al quarto album dei Coldplay. Titolo curioso quanto impegnativo poiché ispirato ad un dipinto di Frida Kahlo, e accompagnato da un art-work altrettanto particolare: il dipinto La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix. E la prima impressione è che sia un disco ambizioso, fatto da una band che ha tutt’altro che l’intenzione di speculare sul proprio successo. Se non fosse un paragone abusato, verrebbe da mettere in parallelo le carriere di Coldplay a quella degli U2, in particolare il momento di Unforgettable fire, e non solo perché anche Chris Martin e soci si sono affidati a Brian Eno - mago nel costringere le band con cui lavora a ridefinire il proprio sound: basta sentire una canzone come Lovers of Japan, dall’incidere epico - caratteristica tipica del gruppo inglese - ma dal suono stratificato, dove si sente chiaramene la mano di Brian Eno. Comunque, in generale l'impressione è quella che l’album sia diviso in due parti distinte: le prime sei canzoni, difatti, entusiasmano ma con moderazione (l’apertura del disco, affidata ad un pezzo strumentale registrato volutamente in bassa qualità, risulta un po' piatto). A rendere gloriosi i primi venti minuti di Viva la Vida è difatti solo la quarta traccia, 42, che sembra essere legata al penultimo disco della band capitanata da Chris Martin: X & Y. Con Yes, settimo degli undici brani (se calcoliamo anche la ghost-track), le cose cambiano repentinamente. Il tipico sound dei Coldplay fa capolino: un fine arrangiamento compone questo pezzo che, quasi inevitabilmente, fischietterete in macchina. Viva la vida, titletrack, e Violet Hill, gettonatissimo singolo il cui video è girato in Sicilia, costituiscono il fulcro del disco e palesano le novità entrate a far parte del sound dei quattro (magari apprezzabili appieno solo dopo qualche ascolto). In questo lavoro, i Coldplay sembrano aver abbandonato quell’alone di nostalgia che pervadeva la maggior parte delle canzoni contenute nei primi due album a favore di melodie più vivaci. Il ritmo intrapreso nella seconda parte dell’opera si spezza con Strawberry Swing, brano che poco ha a che fare con gli altri e che, forse, a ben sentire, non gode di una musicalità ineccepibile. Il disco si conclude con Death and all his friends, piacevole da ascoltare, e la ghost-track che sembra voler fungere da outro al cd. Insomma, forse non è il miglior album dei Coldplay ma risulta comunque un lavoro apprezzabile, che va ad incastonarsi con vigore nel mosaico che il gruppo sta lentamente costruendo col proprio lavoro. (fonte per una porzione della rece: il cibicida)
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