Amico di Hubert Selby Jr., con il quale ha anche inciso nel 1998 uno spoken words album dal titolo Blue eyes and exit wounds, Nick Tosches è nato nel '49 a Newark (nel New Jersey), dove, cresciuto nel malfamato bar del padre, ha studiato letteratura da autodidatta sperimentando mille mestieri prima di dedicarsi in pianta stabile alla scrittura. Nel corposo carnet dei suoi libri spiccano opere come Dino (1992), cruda biografia di Dean Martin che Martin Scorsese sogna di portare sul grande schermo (uscita in Italia per Baldini Castoldi Dalai); The Devil and Sonny Liston (2000, da noi per Mondadori); Trinities (1994, edizione italiana del 1997 per Longanesi & C.) ed Hellfire (1982), sulla vita della leggendaria rockstar Jerry Lee-Lewis. Nella moltitudine di casi editoriali-fuffa creati ad arte dalla stampa, Tosches è un raro esemplare di scrittore puro, dallo sguardo privo d'infingimenti. Il suo romanzo La Mano di Dante, opera che affronta di petto i punti cruciali più torbidi del mestiere di scrivere (mirabile la tirata sui colossi dell’editoria mondiale amministrati da gente ignorante come capre), è una esperienza unica, illuminante. Da un lato c’è un personaggio roso dall’alcool (e dalla vita) che si chiama come l'autore e che si ritrova ad avere a che fare con il sanguinario Joe Black, un pezzo grosso della mafia entrato in possesso di quello che potrebbe essere il manoscritto originale della Divina Commedia. Dall’altro, Dante Alighieri in persona, colto in un momento di deprimente blocco creativo, simile a un timido scolaretto dinanzi ad un cabalista ebreo che vive a Venezia e nasconde il suo vero nome dietro quello di Isaia. La violenza e la poesia: l’elemento animalesco, osceno (che si presenta fin dalle prime pagine urticanti) e quello soave, impalpabile, che si intrecciano e si configurano come un duplice salto mortale colmo di tensione e liricità. Chi è Nick? Chi era Dante? Cosa hanno fatto questi due personaggi delle loro vite, dei loro affetti, delle loro ambizioni? La Mano di Dante è una storia che indaga i tormenti della scrittura, inquadrando lo scrittore alla maniera di un funambolo che precipita disciplinatamente verso i presupposti della propria sconfitta. Scritta da un dio colmo di amarezza e rancore, è un'opera immensa, satura d'incanto! (fonte parziale: BBM)
La mano di Dante
Nick Tosches - (Baldini Castoldi Dalai)
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