«Lasciamo da parte Peckinpah, Tarantino, Faulkner, O’ Connor e compagnia bella ai quali il nostro è stato accostato. Lasciamoli riposare in pace e veniamo a Omar Di Monopoli.
Ho conosciuto l’autore attraverso i suoi libri Uomini e cani, Ferro e fuoco, La legge di Fonzi, pubblicati dalla Isbn e il suo blog (peccato che abbia smesso di scriverci). L’ho conosciuto e apprezzato soprattutto per la ricerca e la voglia di costruirsi un linguaggio tutto suo.
Siamo nel Salento. Presente e passato che si alternano. C’è Mbà Nuzzo, un pescatore santone preso dalle apparizioni di “maestose creature dalle ali di fuoco”, visioni che lo hanno fatto sentire un eletto. Accusato dalla figlia Antonia di avere lasciato morire la moglie senza nessuna cura, moglie, a sua volta, di Torre della Cucchiara latitante che ritorna dopo tanti anni dai figli Gimmo e Michele. Ci sono le suore, le Sorelle del Martirio (martiri davvero certe novizie e un ragazzone, il “giovane idiota” ), intestatarie del terreno di Nuzzo, che nascondono terribili segreti. C’è il nuovo boss Carmine che la deve far pagare al suo vecchio protettore.
La brutalità della vita la si osserva dappertutto. Nei rapporti umani violenti, negli scontri, nelle guerre fra i clan per la droga o per mantenere il comando, nei combattimenti clandestini dei cani. Direttamente, voglio dire. Ma già si insinua fin dall’inizio come nel figlio più piccolo di Tore. Seguendolo nella sua caccia alla rana siamo introdotti in una specie di scena horror tra animali infilzati “su lunghi spuntoni aguzzi e aculei di fil di ferro arrugginito”: lucertole, cervi volanti, cavallette, fringuelli. Il bambino sta scontando la sua infanzia. La violenza è già lì, nella stessa terra “cattiva”, spoglia, arida, deserta, polvere e monnezza insieme con i corvi neri che gracchiano “suggerimenti funerei”. La violenza espressa in tutte le sue forme, fisica e morale, le frustate, il cilicio, la pedofilia, lo stupro. Quasi tutti (o tutti?) i personaggi hanno subito all’inizio della loro esistenza qualche ferita nel cuore. (continua qui)»
Ho conosciuto l’autore attraverso i suoi libri Uomini e cani, Ferro e fuoco, La legge di Fonzi, pubblicati dalla Isbn e il suo blog (peccato che abbia smesso di scriverci). L’ho conosciuto e apprezzato soprattutto per la ricerca e la voglia di costruirsi un linguaggio tutto suo.
Siamo nel Salento. Presente e passato che si alternano. C’è Mbà Nuzzo, un pescatore santone preso dalle apparizioni di “maestose creature dalle ali di fuoco”, visioni che lo hanno fatto sentire un eletto. Accusato dalla figlia Antonia di avere lasciato morire la moglie senza nessuna cura, moglie, a sua volta, di Torre della Cucchiara latitante che ritorna dopo tanti anni dai figli Gimmo e Michele. Ci sono le suore, le Sorelle del Martirio (martiri davvero certe novizie e un ragazzone, il “giovane idiota” ), intestatarie del terreno di Nuzzo, che nascondono terribili segreti. C’è il nuovo boss Carmine che la deve far pagare al suo vecchio protettore.
La brutalità della vita la si osserva dappertutto. Nei rapporti umani violenti, negli scontri, nelle guerre fra i clan per la droga o per mantenere il comando, nei combattimenti clandestini dei cani. Direttamente, voglio dire. Ma già si insinua fin dall’inizio come nel figlio più piccolo di Tore. Seguendolo nella sua caccia alla rana siamo introdotti in una specie di scena horror tra animali infilzati “su lunghi spuntoni aguzzi e aculei di fil di ferro arrugginito”: lucertole, cervi volanti, cavallette, fringuelli. Il bambino sta scontando la sua infanzia. La violenza è già lì, nella stessa terra “cattiva”, spoglia, arida, deserta, polvere e monnezza insieme con i corvi neri che gracchiano “suggerimenti funerei”. La violenza espressa in tutte le sue forme, fisica e morale, le frustate, il cilicio, la pedofilia, lo stupro. Quasi tutti (o tutti?) i personaggi hanno subito all’inizio della loro esistenza qualche ferita nel cuore. (continua qui)»
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