era il 1995 quando Il fine ultimo della creazione uscì nel Belpaese. Allertati dai rumors mediatici, i cultori del thriller vi si gettarono subito a pesce divorandone lo stile baroccheggiante capace di inoculare elevate dosi di suspence per dar vita - a ritmo forsennato! - a personaggi davvero potenti. E la critica internazionale non si lasciò sfuggire l'occasione per eleggere il suo autore Tim Willocks a nuovo reuccio del genere «prison» (occasione per la quale Mondadori lanciò il libro con un impegno di marketing notevolissimo: persino un'ospitata dello scrittore dal Costanzo Show, all'epoca il più importante trampolino di lancio per qualsiasi prodotto culturale). Ex-psichiatra noto alle cronache per una relazione (peraltro brevissima) con la pop-star Madonna, Willocks era una specie di dandy pallido dai capelli rosso fuoco che dopo l'incredibile successo di questo romanzo se ne stette un bel pezzo senza scrivere nulla (più recentemente sono invece usciti da noi un paio di suoi altrettanto validi lavori - Religion e Re macchiati di sangue, nonché la riedizione del suo primo e semisconosciuto Bad Blues City).
Teatro delle vicende de Il fine ultimo della creazione è il penitenziario di Green River, carcere di massima sicurezza in cui alberga un'umanità reietta, regolata da pulsioni a dir poco «basiche». Duemila detenuti delle etnie più disparate compressi in un labirinto d'acciaio ricoperto da un’enorme cupola di vetro, sempre illuminata da una luce verdastra. Perché «la luce è disciplina e il buio è libertà» nelle parole del direttore, un uomo il cui razionalismo trascolora nella follia. Rinchiuso da tre anni in questo inferno, Ray Klein è riuscito a sopravvivere. Ma il giorno in cui ottiene la libertà vigilata, Green River esplode in un’improvvisa rivolta, una guerra tribale che mette l’intero carcere nelle mani dei detenuti. Intrappolati nell’infermeria sono rimasti i malati a cui Klein presta assistenza, e Juliette Devlin, una giovane psicologa che col suo aiuto sta svolgendo una ricerca sulla mente criminale. Nel momento in cui un manipolo di rivoltosi mette l’infermeria sotto assedio, e mentre l’intero carcere di Green River sembra affondare nell'abisso, Klein si trova davanti a un bivio: mollare i suoi pazienti al proprio destino tenendosi la libertà o rischiare tutto e attraversare la rivolta in un viaggio disperato verso la donna che ama?
La prigione americana, descritta in maniera spesso rivoltante dallo scrittore, «fogna nelle fogne del mondo», si rivela specchio credibile d'un sistema carcerario repressivo, ottuso e in buona sostanza inutile (come è il nostro, d'altronde). Soprattutto nel momento in cui la follia s'insinua nella sala-comandi della macchina punitiva per indurla a implodere semplicemente sfruttando il carburante del «fetore imploso del dolore e delle scorie umani», concentrato nel luogo in cui gli uomini vengono «spediti per essere messi in ginocchio» e dove anche i più recalcitranti imparano a farlo. A epitome dell'intera rappresentazione basta ricordare la scena in cui Grauerholz, uno dei tanti violenti psicopatici che animano il penitenziario, armato di sega elettrica dice al nemico: «Okay, pezzo di merda. Quale braccio vuoi che ti lasci?». Slurp!
Il fine ultimo della creazione - Tim Willocks (Ed. Cairo)
1 commento:
Letto illo tempore. Elettrizzante. Qualche momentino di noia ma grande libro.
Pippo
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