risplende prepotente la stella del Frankenstein di Mary Shelley, portandosi appresso tutta la sua prometeica arroganza, su questo Ex-Machina, nuovo, intenso thriller a sfondo fantascientifico diretto nel 2015 da quell'Alex Garland scrittore e sceneggiatore che ha sovente (e non di rado fruttuosamente) coadiuvato l'opera del regista inglese Danny Boyle (suoi gli script di The Beach ma anche di 28 giorni dopo e Sunshine) e qui al battesimo di fuoco dietro la macchina da presa.
Il film, solido, molto ben recitato e costruito quasi esclusivamente su una trinità attoriale degna di un kammerspiel, si impernia sulle vicende di Nathan, un programmatore miliardario che coinvolge un suo giovane impiegato nel testing della sua più ambiziosa invenzione: un robot-donna dotato di un’avanzatissima intelligenza artificiale. Il ragazzo dovrà trascorrere una settimana in compagnia dell’androide in un’isolata e splendida villa di proprietà del suo datore di lavoro. Ma dopo i primi giorni Caleb (questo il nome dell'ignaro protagonista) comincia a realizzare che ci sono un po' troppe cose che non tornano: le frequenti ubriacature del capo, le troppe stanze della magione cui egli non ha accesso e alcune strane confessioni di Ava, la donna sintetica, compongono lentamente un mosaico più inquietante di quello palesatosi all'inizio.
La pellicola, con piglio classico e sommessamente goticheggiante (nonostante la patina orgogliosamente high-tech), esplora i grandi temi della consapevolezza di sé, della scienza che sfida la morale e della potenza delle emozioni al pari, appunto, del romanzo ottocentesco della Shelley. Attraverso una prospettiva lucida e raramente fuori fuoco, Garland s'interroga senza troppi patemi sul ruolo dell’intelligenza artificiale nel prossimo futuro, ma lo fa utilizzando la riflessione sull'argomento come grimaldello per varcare il sottilissimo - e mai troppo approfondito dall'arte - confine tra ciò che separa la verità dalla menzogna.
La pellicola, con piglio classico e sommessamente goticheggiante (nonostante la patina orgogliosamente high-tech), esplora i grandi temi della consapevolezza di sé, della scienza che sfida la morale e della potenza delle emozioni al pari, appunto, del romanzo ottocentesco della Shelley. Attraverso una prospettiva lucida e raramente fuori fuoco, Garland s'interroga senza troppi patemi sul ruolo dell’intelligenza artificiale nel prossimo futuro, ma lo fa utilizzando la riflessione sull'argomento come grimaldello per varcare il sottilissimo - e mai troppo approfondito dall'arte - confine tra ciò che separa la verità dalla menzogna.
Non siamo pertanto di fronte a un'opera che regala un punto di vista innovativo o sorprendente sull’interazione uomo/tecnologia (per quello, a dirla tutta, ci aveva pensato l'anno scorso il bellissimo Her), quanto piuttosto davanti a un film che sfrutta i temi cari al genere per parlare essenzialmente di violenza personale. Infatti la storia di Caleb (Domhnall Gleeson), scelto per trascorrere una settimana a casa di Nathan (Oscar Isaac) brillante sviluppatore di un motore di ricerca in grado di sapere tutto di chiunque (facile pensare a Google), si trasforma da subito in una lotta prima sopita e poi manifesta tra tre personaggi in cerca di manipolazione.
In mezzo allo scontro tra le due figure maschili - come non segnalare lo stacco tra la fisicità «alfa» di Nathan e quella più efebica di Caleb? - si posiziona l'eterno femminino costituito (in chiave robotica) da Ava (cui il bel volto etereo dell’attrice Alicia Vikander aggiunge un tocco di efficace freddezza)
Eppure, nonostante le dinamiche narrative (e grafiche: si noti il design «svedese» degli ambienti) siano apparentemente votate alla speculazione filosofica, Ex Machina intraprende presto un interessante cambio di rotta trasformando l'usuale «umano inferiore però più furbo della macchina» ne «l’umano inferiore soggiogato dalla macchina». Il film diviene così non tanto un’indagine sulle implicazioni dell'arroganza scientifica e sul valico oltre il quale essa non dovrebbe andare, bensì un’osservazione sulla natura delle pulsioni umane e su quanto la macchina, imitandole, finisca per apparire più vera degli esseri umani veri.
Ex Machina allestisce una serie di trappole che diventano ben presto letali soprattutto per coloro che le hanno tese, rendendo labili non solo i ruoli, ma anche i delicati equilibri che regnano tra le componenti in gioco. Se lo stupore per l'impalcatura modernista offusca l'ovvietà che qualche volta traspare dagli assunti concettuali alla base della storia (in fondo aveva già detto tutto Pinocchio), sul lato dell’azione e della conflittualità psicologica invece il film consegna al pubblico un riuscito thriller di relazioni umane, con qualche sopresa anche per i più appassionati Sci-Fi, che dimostra ancora una volta come Garland sia decisamente in grado di cogliere l'esplosiva violenza che sta alla base delle relazioni umane odierne.
Ex Machina allestisce una serie di trappole che diventano ben presto letali soprattutto per coloro che le hanno tese, rendendo labili non solo i ruoli, ma anche i delicati equilibri che regnano tra le componenti in gioco. Se lo stupore per l'impalcatura modernista offusca l'ovvietà che qualche volta traspare dagli assunti concettuali alla base della storia (in fondo aveva già detto tutto Pinocchio), sul lato dell’azione e della conflittualità psicologica invece il film consegna al pubblico un riuscito thriller di relazioni umane, con qualche sopresa anche per i più appassionati Sci-Fi, che dimostra ancora una volta come Garland sia decisamente in grado di cogliere l'esplosiva violenza che sta alla base delle relazioni umane odierne.
9 commenti:
Ehilà, Di Monopoli. Cos'è questo improvviso rigurgito di sci-fi pura degli ultimi post? :)
Di ex machina avevo visto i vari trailer e curiosità ne desta parecchia. A sentirne parlare te, sembra effettivamente degno di nota.
Del volume di Ballard, invece, crogiolandomi nella mia beata ignoranza, non sapevo nulla. E avrei preferito continuare così. Ora invece, grazie alla tua segnalazione, sono costretto ad andare in libreria e capire se portarmelo a casa o meno. E allora continuiamo così.
@Bicco caro, pensa tu che i volumi su Ballard sono TRE (bisognerà smettere di mangiare:-)
PS (io sono un cultore di tutti i generi, ho letto persino degli Harmony :-))))
Coltivare tutti i generi era l'assunto di uno dei miei insegnanti del corso di sceneggiatura di fumetto, che spiegava come si fosse spinto a vedere persino un episodio di Walker Texas Ranger per capire come funzionava e smontarne il meccanismo.
Io confesso che non ci sono mai riuscito. Stessa cosa con il commissario Cordier di cui è ghiotto mio suocero che, nonostante questo, coltiva suo genero, coccolando con amore il nipote. Immagino che sia il modo, per dirla con gli americani, di distinguere gli uomini dai ragazzi. Detto tra noi, però, la tua idea di un Harmony su di orologiaio che se sta tutto solo nella sua bottega a smontare meccanismi fino a che non è minacciato da una banda di teppisti che riporta in superficie il suo antico addestramento marziale con il quale sfida il capo dei delinquenti salvo scoprire si tratti della vedova del suo sensei di cui era sempre stato segretamente innamorato farebbe fatica a trovare un suo pubblico in questi gg di individuazione quasi capillare del target. In bocca al lupo.
@Crepa se pensi che Walker Texas ranger è scritto da Paul haggis premio oscar per Crash i conti tornano :-))))
Si, lo sapevo. La Fanucci ne ha fatti parecchi di questi "omnibus" divisi per annate (vedi Phillip Dick e Richard Matheson). Quello che forse è sfuggito a te, però, è che su amazon li prendi a 9 euro anziché 19. Eh! :)
@luigi la verità è che come scrittore aborto amazon perché uccide le librerie (ma come acquirente purtroppo vado in brodo di giuggiole: sono combattuto:-(((
@aborto= aborro (ooops!)
Gran film! Secondo me un Garland in gran spolvero che senza Boyle riesce ad esprimersi senza peccare di leccaculismo. Io ho sempre pensato che sapesse scrivere benino, però sotto l'egida di Boyle non sarebbe mai riuscito a buttar fuori un gioiellino come questo.
Estetica meravigliosa e stranamente non straripante.
Bella recensione man ;)
@Eddy sì gran bell'estetica e ottima sceneggiatura. In linea di massima leggo che la critica ha stroncato il film (perché molto poco originale, e ci sta tutta, come notazione, ma non è l'impalcatura fantascientifica a stupire: è il rapporto a tre che cresce e degenera in maniera realistica e amaramente plausibile!)
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