ambientato nel sud degli Stati Uniti poco dopo il flagello della guerra civile, Echoes of War (2014) è un western-drama che difficilmente vedremo nelle nostre lande, perché trattasi di puro film indipendente girato con quattro dollari bucati ma che - come spesso in questi casi - ha dalla sua una serie di notevoli sorprese (così come, sia chiaro, un bel po' di limiti derivanti quasi essenzialmente dal fatto che la pellicola era in origine pensata come un cortometraggio cui il piccolo aumento di budget iniziale ha dato quella spinta affinché il progetto lievitasse ma con qualche toppa).
Ambientata in Texas, la storia vede James Badge Dale (World War Z, Lone Ranger) nei panni di Wade, un ex-soldato confederato di ritorno dal conflitto, il quale si presenta un giorno al ranch di suo cognato cacciatore Seamus (Ethan Embry), dove, morta malamente la sorella, vivono ancora assieme al padre la nipote Abigail (Maika Monroe, attrice in crescente quotazione dopo il successo dell'horror It Follows) e il piccolo Sam (Owen Teague). I cascami della guerra appena terminata corrompono ancora il territorio e le famiglie rimaste hanno vissuto tempi davvero grami: fame e carestia hanno reso nemici gente cresciuta fianco a fianco, e tra clan confinanti i rapporti hanno inevitabilmente preso una brutta piega. Al suo arrivo, Wade è costretto a registrare un certo lassismo da parte del cognato riguardo le ruberie dei McCluskeys, famiglia di cowboys una volta benestante che le vessazioni dei guerriglieri hanno reso indigente. Seamus, piuttosto che provocare una faida, è incline a lasciar loro depredare parte delle sue trappole contando sulla propria abilità a procacciarsi comunque il cibo, ma invece Wade, contagiato dalla violenza del fronte e abituato a farsi rispettare con il sangue, decide di regolare i conti alla sua maniera. Sarà tragedia.
Diretto da Kane Senes e sceneggiato da John Chriss, Echoes of War ha dalla sua una chiara definizione degli elementi in campo, con pochi personaggi dipinti con plausibilità, e una concezione adulta e mai apotropaica della violenza. Se è vero, come molti lamentano in rete, che la promessa di un western (con cavalli, indiani e pistolettate) naufraga in un pugno di momenti di vera azione a scapito di molti dialoghi e tanta riflessione, va detto che le interpretazioni sono decisamente a fuoco e tutti gli attori riescono molto bene nei loro ruoli (protagonista a parte, cupo e minaccioso il giusto, è un grande William Forsythe a farla da padrone: con la sua faccia leoniana - il regista romano scoprì l'attore oggi sessantenne con C'era una volta in America - dona un vigore oscuro e seriamente minatorio alla sua parte, regalandoci un padre capoclan sempre incazzato e tirannico che non scade mai nella macchietta). Alla fine, come da manuale, il redde rationem finale netterà con il dolore e con le fiamme l'accumulo di sgarbi e tradimenti. Notevole, con qualche imperfezione di script: la storia dei fidanzatini, novelli Romeo e Giulietta che si amano tra famiglie avverse, resta un po' sospesa e ci si aspetterebbe uno scarto fuori dai cliché.
2 commenti:
Il western continua a vivere grazie al cinema indie. Sono felice ��
@anonimous: vero. La penso come vossia :-)))
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