la seconda prova registica del giovane Ed Gass-Donnelly, classe 1977, già autore teatrale e firmatario di un discreto numero di cortometraggi, rappresenta perfettamente lo stato di salute del cinema canadese nonché le potenzialità insite - dacché esiste il cinema - nel mondo delle produzioni indipendenti. Selezionato in concorso al Torino Film Festival 2010, Small Town Murder Songs riesce in soli settantacinque minuti, sbrigliati e funzionali nella narrazione quanto nei contenuti, a raccontare un’indagine poliziesca assai lineare nello sviluppo - un corpo di donna viene ritrovato sulle sponde dell'Ontario, bisogna identificarla e capire chi l'ha uccisa - ma intensa e suggestiva, intrecciandola con complesse questioni personali, morali e religiose.
Scandito in quattro capitoli i cui titoli sono precetti religiosi - la presenza della fede caratterizza il percorso drammatico del protagonista, condizionandolo così profondamente al punto da scegliere il martirio come espiazione del peccato quando vede risorgere il proprio passato oscuro - il film di Gass-Donnelly mette in scena una tragedia travestita da noir ambientata in un minuto villaggio mennonita, in una comunità in cui l’integralismo religioso permea la vita pubblica e privata dei cittadini (la dottrina mennonita è la più diffusa tra le chiese anabattiste, e si distingue per il forte legame con le origini della Chiesa cristiana, per lo spiccato pacifismo e per il rifiuto della violenza e del lusso eccessivo; il nome deriva da Menno Simons, figura centrale del movimento).
Il dato rilevante è che lo spettatore si aspetta un'indagine zeppa di colpi di scena e azione, invece trova tutt’altra cosa.
C’è un omicidio, ci sono delle indagini, c’è un colpevole, ma tutto si risolve in maniera semplice e senza spettacolarità, anche se i quesiti scatenati dall'avvicendarsi degli eventi smuovono acque profonde. Non solo: oltre a essere ridotta all’osso, la struttura noir è quasi interamente rivolta nella direzione di Walter (uno strepitoso Peter Stormare, che non a caso ha lavorato tanto per i Coen che qui vengono evocati di continuo nelle atmosfere e nella fotografia ma senza mai toccarne i picchi di violenza - che invece in questo film resta, volutamente, implosa e per questo forse più pervasiva), un agente di polizia che nella effettiva risoluzione delle indagini non ha di fatto alcun ruolo, se non raccogliere qualche informazione di malavoglia.
Small Town Murder Songs ha la pretesa, per buona parte riuscita, di scandagliare le profondità dell’animo umano, cercando quindi di raccontare l’uomo che sta dietro alla divisa, i suoi difficili e fallimentari rapporti con la famiglia, con la ex fidanzata e con la compagna attuale. Alle spalle dell’indagine poliziesca e del delitto vorticano inquieti altri drammi, altre sofferenze, che il talentuoso regista riesce a canalizzare attraverso scelte registiche di prim'ordine e soprattutto tramite un'efficacissima e pregnante colonna sonora composta esclusivamente da cori gospel e ballate intrise di forte religiosità.
Da segnalare infine la buona interpretazione di Martha Plimpton (Sam), attrice che sembrava destinata a una più scintillante carriera negli ormai remoti anni Ottanta e che rivediamo con piacere: lanciata dal piccolo cult I Goonies (1985) di Richard Donner, aveva recitato in Mosquito Coast (1986) di Peter Weir e Vivere in fuga (1988) di Sidney Lumet, accanto all’indimenticabile River Phoenix, per poi scivolare lentamente verso il piccolo schermo e, come in questo caso, le produzioni indie di un certo livello.
Small Town Murder Songs ha la pretesa, per buona parte riuscita, di scandagliare le profondità dell’animo umano, cercando quindi di raccontare l’uomo che sta dietro alla divisa, i suoi difficili e fallimentari rapporti con la famiglia, con la ex fidanzata e con la compagna attuale. Alle spalle dell’indagine poliziesca e del delitto vorticano inquieti altri drammi, altre sofferenze, che il talentuoso regista riesce a canalizzare attraverso scelte registiche di prim'ordine e soprattutto tramite un'efficacissima e pregnante colonna sonora composta esclusivamente da cori gospel e ballate intrise di forte religiosità.
Da segnalare infine la buona interpretazione di Martha Plimpton (Sam), attrice che sembrava destinata a una più scintillante carriera negli ormai remoti anni Ottanta e che rivediamo con piacere: lanciata dal piccolo cult I Goonies (1985) di Richard Donner, aveva recitato in Mosquito Coast (1986) di Peter Weir e Vivere in fuga (1988) di Sidney Lumet, accanto all’indimenticabile River Phoenix, per poi scivolare lentamente verso il piccolo schermo e, come in questo caso, le produzioni indie di un certo livello.
5 commenti:
Ontario Plympton, il fratello meno famoso del creatore di cartoni animati alternativi Bill e della attrice scivolata lentamente verso il piccolo schermo Martha, ha un sogno e tutta la mia simpatia come tutti coloro che hanno un sogno, almeno uno: un biopic surreale - altri direbbero crepascolare - di Iggy Pop. Till Lindemann ( front man della band metal Rammstein ndr ) sarà l'Iguana cucciola e Pete Stornmare quella rugosa. O viceversa: con Ontario non si sa mai. Il soggetto è distante dal vero Pop - qualsiasi cosa significhi vero quando parliamo di un sogno - ed inizia con il giovine Pop che bisticcia all'asilo con l'altrettanto implume David Bowie fino al punto di chiudere un occhio con una papagna al Duca Bianco, allargandone la pupilla al punto che il divo sembrerà avere gli occhi di due colori diversi come Alex Magno. Iggy e Dave crescono poi nella factory di una combo di Andy Warhol e Lindsay Kemp - interpretato dal solito Vince D'Onofrio che reciterà come fosse Marlon Kurtz Brando che declama il Wilson Fisk pensiero - fino a decidere di sfidarsi in sessions di performing art consistente nel pogare e dipingere murales simultaneamente. Ontario intende girare il film con attori in carne ed ossa e poi in post produzione trasformarlo in un cartone animato sulla falsariga di A Scanner Darkly o Valzer con Bashir.
Martha e Bill sono scettici xchè il loro fratellino è un sognatore che raramente concretizza: ha passato anni scrivendo un romanzetto di sci-fi apocalittica su di una umanità che vive barattando confetture di insetti in una realtà in cui alla Borsa si discute delle azioni dei coleotteri, ma nessun editore ha mai deciso di pubblicare Mosquito Cost. So goes life.
@Crepa, pasquetta ti ha giovato :-)))
Sono fondamentalmente d'accordo con quello che dici a parte non mettere sufficientemente in luce la splendida interpretazione di Stormare ... un maestro ... l'attore piu' sottostimato di Hollywood ... quando a questo signore viene permesso di dimostrare davvero quanto vale e non gli vengono affidate solamente parti da russo o pazzoide o ancor peggio maniaco furioso, riesce a definire con grande delicatezza dei personaggi in cui perdersi e' un attimo ... consiglio anche la visione del film 'Varg/Wolf' per apprezzarne ancora di piu' il talento ... piuttosto che 'Jagarna 2/False trail' dove pero' condivide lo schermo con un altro talentuoso scandinavo poco conosciuto da noi. Buona visione!
Ciao ermionel.
Hai ragione grandissimo Stormare :-) (sono lontano dal mio Mac ma appena posso aggiungo l'aggettivo al post!!!)
Mi accontento di strepitoso ;-)
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