abbiamo spesso confessato su queste pagine la nostra più che ventennale fascinazione per il talento e la bravura di Mickey Rourke, attore dalle indiscusse capacità interpretative che ha saputo, con caparbietà oggettivamente psicotica, gettare alle ortiche la propria carriera per poi risorgere dalle ceneri (The Wrestler meritava l'Oscar, fuor di dubbio) e infine tonfare nuovamente (e stavolta per sempre: le foto odierne, col parrucchino sale e pepe e i lineamenti stravolti dalle molteplici plastiche facciali, sono la testimonianza di una completa e devastante irrecuperabilità - se non nelle vesti di freak o di farsesco villain in qualche produzione di basso cabotaggio).
Pure, perdersi nella cinematografia degli anni più oscuri, i Novanta, dell'ex-bello di Nove settimane e mezzo è da sempre un nostro personale guilty pleasure, una pratica cui talvolta, ancora oggi, cediamo con qualche vergogna, irrimediabilmente attratti dal mistero di una parabola discendente che ha dell'incredibile.
Qui e qui abbiamo parlato di un paio di pellicole che vedono il nostro ancora tutto sommato in forma, oggi invece segnaliamo questo misconosciuto action dal titolo Point Blank (A Costo Della Vita), del 1998, edito in VHS ormai eoni fa e riproposto con cadenza invero pitocca da qualche rete del Biscione.
La trama è poco più che una traccia, nel solco di decine di prodotti consimili: una cricca di delinquenti riesce ad evadere e a impossessarsi di un centro commerciale tenendo in ostaggio gli incauti acquirenti e lanciando un ultimatum all’impreparata polizia locale, incapace di soddisfare le esose richieste. Tra i banditi figurano ceffi come Danny Trejo, totalmente fuori controllo, ma anche un negro con problemi sentimentali, un ragazzino macchiatosi suo malgrado di omicidio e un ex mercenario cazzuto e lungocrinito (ma stempiato), tale John Ray (Kevin Gage, praticamente nello stesso ruolo che ricopriva in Heat - la sfida). Nel frattempo, suo fratello Rudy (Rourke), anch’esso ex-qualcosa nelle forze armate speciali, conduce una vita da anacoreta in campagna, ostinandosi a scavare buche nel terreno apparentemente senza motivo, fumare sigarette come solo Rourke sa fare e mangiando mele assai minute (se paragonate al bicipite steroidato).
Messo al corrente dell'inferno scatenato dalla banda del fratello, Rudy abbandona il suo buen retiro per sfrecciare bardato di tutto punto sino al centro commerciale dove, infischiandosene degli avvertimenti degli ex colleghi sempre più spaesati, si intrufola nell’edificio. Il personaggio è, come da copione, un duro di quelli invincibili, una specie di Rambo dei poveri che prima di partire in missione manco si è cambiato i jeans e la canottiera lercia di sudore, ma è così tosto che uno non ci bada, all'abbigliamento. Quando Rudy comincia a massacrare un primo, anonimo nugolo di ignari terroristi col passamontagna, il film, dalla forte impronta televisiva, appare subito come una sorta di Metal Gear Solid girato in provincia e con due lire. Poi le cose si fanno più estreme e interessanti: Danny Trejo sclera di brutto e, dopo aver fatto fuori qualche ostaggio a caso, viene colto da un raptus erotico: prima tenta di stuprare l’eroina (?) della storia, quindi s'ingroppa una battona in tanga che offre il proprio corpo in cambio della vita (costei, prevedibilmente, dopo aver approfittato di qualche tiro di bamba offerta dal messicano, finirà con la testa a sfracelli di fronte a una polizia sempre più imbambolata e vittima della rabbia di Trejo).
Naturalmente la soluzione è Rudy, il superuomo, che arriva quatto quatto, massacra i cattivoni armati a suon di calcioni e acrobazie, chiacchiera col nero e col fratello, ci manca solo che si beva anche il caffè, e poi mazzula brutalmente Danny. Ma alla fine il fratello John viene tradito dai suoi stessi compagni e muore tra le braccia di un Rudy in lacrime, che trova anche il tempo di raccontarsi come uomo dedito alla famiglia, alla giustizia più altre consuete fregnacce da good guy. Notevole la figura del nero, in gattabuia per aver fatto a pezzi l’amante della moglie, che messo alle strette dalla polizia riversa quintali di piombo con una gatling installata inspiegabilmente sul terrazzo dell'edificio, urlando il nome della sua amata per poi finire crivellato a sua volta.
Rourke è il perno nodale di questa invereconda operazione trash, un tentativo zoppo di rilanciare la sua fama (già fortemente compromessa da boxe e mattane) in ruoli sempre più muscolari e dinamici. L’anno prima aveva infatti recitato al fianco di Van Damme nello (s)cult Double Team - Gioco di Squadra, sottoponendosi anche ad un duro training marziale per poter interpretare le coreografie di lotta del film. Gonfiato come un novello Hulk in versione imbronciata e «maledettista» (Mickey ammise di aver fatto in quel periodo uso di steroidi e la cosa non sorprende affatto, poiché effettivamente sfoggia un fisico colossale da bodybuilder navigato), l'attore ammanta della sua aura decadente una pellicola casereccia zeppa di culi, pistole, muscoli e violenza a gratìs (notevole la colonna sonora che schitarra attorno a un intrigante rock blues alla Jimi Hendix). Insomma un puro prodotto da popcorn, se non fosse che è al tempo stesso anche un trattato sulle ambizioni (tradite, o auto-tradite) di un importante star del Grande Schermo capace come pochi di sfidare il fato e darsi la zappa sui piedi, e dimostrandosi forse in questo, maestosamente umano.
La trama è poco più che una traccia, nel solco di decine di prodotti consimili: una cricca di delinquenti riesce ad evadere e a impossessarsi di un centro commerciale tenendo in ostaggio gli incauti acquirenti e lanciando un ultimatum all’impreparata polizia locale, incapace di soddisfare le esose richieste. Tra i banditi figurano ceffi come Danny Trejo, totalmente fuori controllo, ma anche un negro con problemi sentimentali, un ragazzino macchiatosi suo malgrado di omicidio e un ex mercenario cazzuto e lungocrinito (ma stempiato), tale John Ray (Kevin Gage, praticamente nello stesso ruolo che ricopriva in Heat - la sfida). Nel frattempo, suo fratello Rudy (Rourke), anch’esso ex-qualcosa nelle forze armate speciali, conduce una vita da anacoreta in campagna, ostinandosi a scavare buche nel terreno apparentemente senza motivo, fumare sigarette come solo Rourke sa fare e mangiando mele assai minute (se paragonate al bicipite steroidato).
Messo al corrente dell'inferno scatenato dalla banda del fratello, Rudy abbandona il suo buen retiro per sfrecciare bardato di tutto punto sino al centro commerciale dove, infischiandosene degli avvertimenti degli ex colleghi sempre più spaesati, si intrufola nell’edificio. Il personaggio è, come da copione, un duro di quelli invincibili, una specie di Rambo dei poveri che prima di partire in missione manco si è cambiato i jeans e la canottiera lercia di sudore, ma è così tosto che uno non ci bada, all'abbigliamento. Quando Rudy comincia a massacrare un primo, anonimo nugolo di ignari terroristi col passamontagna, il film, dalla forte impronta televisiva, appare subito come una sorta di Metal Gear Solid girato in provincia e con due lire. Poi le cose si fanno più estreme e interessanti: Danny Trejo sclera di brutto e, dopo aver fatto fuori qualche ostaggio a caso, viene colto da un raptus erotico: prima tenta di stuprare l’eroina (?) della storia, quindi s'ingroppa una battona in tanga che offre il proprio corpo in cambio della vita (costei, prevedibilmente, dopo aver approfittato di qualche tiro di bamba offerta dal messicano, finirà con la testa a sfracelli di fronte a una polizia sempre più imbambolata e vittima della rabbia di Trejo).
Naturalmente la soluzione è Rudy, il superuomo, che arriva quatto quatto, massacra i cattivoni armati a suon di calcioni e acrobazie, chiacchiera col nero e col fratello, ci manca solo che si beva anche il caffè, e poi mazzula brutalmente Danny. Ma alla fine il fratello John viene tradito dai suoi stessi compagni e muore tra le braccia di un Rudy in lacrime, che trova anche il tempo di raccontarsi come uomo dedito alla famiglia, alla giustizia più altre consuete fregnacce da good guy. Notevole la figura del nero, in gattabuia per aver fatto a pezzi l’amante della moglie, che messo alle strette dalla polizia riversa quintali di piombo con una gatling installata inspiegabilmente sul terrazzo dell'edificio, urlando il nome della sua amata per poi finire crivellato a sua volta.
Rourke è il perno nodale di questa invereconda operazione trash, un tentativo zoppo di rilanciare la sua fama (già fortemente compromessa da boxe e mattane) in ruoli sempre più muscolari e dinamici. L’anno prima aveva infatti recitato al fianco di Van Damme nello (s)cult Double Team - Gioco di Squadra, sottoponendosi anche ad un duro training marziale per poter interpretare le coreografie di lotta del film. Gonfiato come un novello Hulk in versione imbronciata e «maledettista» (Mickey ammise di aver fatto in quel periodo uso di steroidi e la cosa non sorprende affatto, poiché effettivamente sfoggia un fisico colossale da bodybuilder navigato), l'attore ammanta della sua aura decadente una pellicola casereccia zeppa di culi, pistole, muscoli e violenza a gratìs (notevole la colonna sonora che schitarra attorno a un intrigante rock blues alla Jimi Hendix). Insomma un puro prodotto da popcorn, se non fosse che è al tempo stesso anche un trattato sulle ambizioni (tradite, o auto-tradite) di un importante star del Grande Schermo capace come pochi di sfidare il fato e darsi la zappa sui piedi, e dimostrandosi forse in questo, maestosamente umano.
5 commenti:
Non è mai stato un interprete alla Bob DeNiro capace un giorno di essere un anacoreta che getta alle ortiche il saio innamorato di un farsesco villain con parrucchino sale e pepe ed il giorno dopo di calarsi nei panni del leader de La Parabola Discendente, assurdo trust di masterminds alla caccia di un Hulk interpretato in modo cerebrale da Danny Trejo.
Mickey ha sempre indossato la maschera di Mickey. Anche peggio di Brando che è stato Kurtz e Don Vito. Un Jimmie Dean sotto steroidi e cicchetto.
Anni fa Carmelo Bene si calò nei panni di un Amleto che entrava in scena con una corazza di cui perdeva, man mano che la storia procedeva, i pezzi fino a raggiungere la leggerezza necessaria a capire che la parabola discendente del principe pazzo era una opera comica.
Alejandro González Iñárritu o Philip Kaufman ( o Tim Burton ? ) potrebbero progettare un Kammerspiel con un Mickey che all'inizio è Quellodellamoto , poi Henry Angel ed infine il Cowboy dei Village People se fosse una creatura del dr. Frank-N-Furter.
Candidato all'Oscar. Bookmakers sicuri della vittoria. Poi trionfo di Sean Penn e del suo anacoreta che discute di identità con il suo parrucchino sale e pepe. So goes life.
@Crepa, sì hai ragione da vendere. Il buon Mickey non è mai stato altro che sé stesso. Che fosse Harry Angel o il poliziotto sborone di L'Anno del dragone, era sempre lui, fascinoso e sofferente, spesso in grado di comunicare con uno sguardo o un sorrisetto ma incapace di "uscire da sé".
(duole ammetterlo, visto che a lungo l'ho considerato il nuovo Brando - anche nel disfacimento fisico - ma Brando era Brando, un monumento unico, e questo è quanto!)
Rourke è un grandissimo. Ma proprio non capisco come si possa fare a cadere tanto a fondo per ben due volte, come dici anche tu.
QUESTA immagine dice tutto.
Peccato per lui. Fortunatamente, quel che ha fatto, resta comunque.
Bicco l'immagine da te linkata è persino accettabile rispetto all''oggi. Se inserisci su google immagini il nome dell' attore e la data 2014 c'è di che sbalordirsi: costretto a un intervento riparatore Rourke ha cambiato faccia. Ma proprio un altra persona, inguardabile :-(
Credo di aver capito a quali foto si riferisca Omar. Praticamente Phil Spector travestito da Gary Oldman nel Dracula di Coppola che si prepara x girare il video Amadeus di Falco, ma con Mozart che si aggira x la metropoli notturna dei Guerrieri della Notte .
Tutto sommato, se ci fosse qualcuno abbastanza matto da darmi i dindi x un film - se è stato prodotto Sharknado tutto è possibile - Mickey sarebbe la mia star. Con Platinette, Malgioglio e la parrucchiera di mia moglie e di mia suocera che è tanto weird da aver spinto Crepascolino a farsi crescere i capelli ( " mi piace tanto la storia di Rapunzel , papà ! " ) piuttosto che rimettere piede nella bottega di Silly Siliconia...
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