(come promesso facciamo un breve break delle nostre ferie per suggerirvi un po' di begli audiovisivi per le vostre serate estive; presto, appena possibile, ci riaffacceremo con il listone di letture sotto l'ombrellone)
• Zulu. A leggerne in giro i pareri sono pressoché unanimi. Presentata lo scorso anno a Cannes e mai tradotta quaggiù in terra italica, questa pellicola diretta dal regista francese Jérôme Salle pare essersi meritata inesorabilmente l'archiviazione sotto la voce «poliziesco di pessima fattura». E in effetti, a volerne dare una esclusiva lettura dall'interno del canone, dal punto di vista della pura detection il film non offre spunti granché interessanti e anzi, nel raccontare di una nuova droga che sbanca tra i viziati ragazzi bianchi di Città del Capo facendoli impazzire sino a diventare assassini, è forse proprio il ricorso eccessivo agli stereotipi del thriller di matrice anglosassone che finisce per frenarne lo slancio, impedendo all'intero progetto di decollare verso quelle strade personali che pure s'intravedono nella buona mano del regista. Eppure vi sono altresì validi motivi per non gettare subito a mare quest'opera tratta dall'omonimo romanzo di Caryl Férey (pubblicato in Italia da Mondadori). Anzitutto la presenza di un cast solido e capace in cui primeggiano Forrest Whitaker e Orlando Bloom (quest'ultimo, bicipiti pompati e tatuaggi ovunque, per la prima volta si esibisce in un ruolo sfatto e problematico riuscendo, incredibile dictu, a convincere). E poi l'ambientazione: il Sudafrica post-Aparthied che fa da sfondo alle vicende regala alla storia una strana allure esotica che sovente presta il fianco a riflessioni non banali su razzismo e segregazione (con tutto che, sia chiaro, stiamo parlando di un "semplice" poliziesco e quindi non ci si aspetta dalla trama necessariamente abissi di profondità). Amalgama la ricetta una dose spettacolare di iperviolenza che, quando non scade nello splatter, regala allo spettatore momenti di pura tensione. Insomma, da rivalutare.
• The Bridge. Il «ponte» eponimo è quello al confine fra Messico e Stati Uniti ed è proprio su quel ponte che prende il via la splendida serie ideata da Meredith Stihem (Homeland). Un ponte sul quale viene ritrovato un cadavere sul cui assassinio vengono chiamati a investigare sia un detective messicano, Marco Ruiz (Demiàn Bichir, già visto in Weeds) che uno americano, Sonya Nord (Diane Kruger, uno spettacolo dai tempi di Troy). I due dovranno lavorare fianco a fianco per risolvere l’intricato caso che li porterà sulle tracce di uno spietato serial killer. Ad ogni nuovo delitto, la coppia si trova di fronte ad un nuovo “messaggio” inviato loro dall’assassino, e in una lotta contro il tempo (e senza esclusione di colpi) si ritroveranno a ricostruire tutti i tasselli del puzzle per catturarlo e impedirgli di uccidere ancora. Trasmessa esattamente un anno fa anche da noi in contemporanea con gli Stati Uniti, The Bridge, proprio come la fortunata The Killing (trasmessa in Italia sempre da FoxCrime), si basa su una serie nordica. È infatti il remake americano di Bron, serie tv del 2011 ambientata e realizzata al confine fra Danimarca e Svezia (su un altro “ponte” che separa due Stati). La seconda stagione sta macinando in questi giorni sfracelli in termini di ascolto.
• Penny Dreadful è un'altra bella serie, stavolta all'insegna dell'horror condito con zaffate di erotismo tutt'altro che velato. Per le strade di una Londra in piena fase vittoriana si aggirano contemporaneamente i più strani casi umani che la letteratura abbia mai partorito; può capitare di incontrare Dorian Gray o Frankestein et similia. Le vite di questi bizzarri individui finiscono per intrecciarsi con quelle, apparentemente più normali, di Ethan, un americano affascinante quanto indisponente, Malcom, un nobiluomo che non ha da tempo notizie della figlia scomparsa, Brona, un'avventuriera e Sembene, un tipo alquanto strano. A cercare di ripristinare l'ordine nel mondo ci pensa Vanessa, bellissima e misteriosa cacciatrice di creature non umane. Ma è giusto dare la caccia a quelli che, magari un po' sbrigativamente, la società ha bollato come dei mostri? La sofferente creatura del (qui molto giovane) dottor Frankenstein sembrerebbe riflettere, e far riflettere lo spettatore, sulla sua effettiva condizione di emarginato, di alienato, di essere a cui viene negato l'amore ed il rispetto. E la stessa Vanessa, di tanto in tanto, non si dimostra come una paladina della giustizia, ma piuttosto come un essere destinato a vivere perennemente in bilico tra bene e male, oscurità e luce. La serie trae ispirazione da un'omonima collana di novelle di genere horror che nella vecchia Londra potevano facilmente essere reperiti all'irrisorio prezzo di un penny. Penny Dreadful ha debuttato sul piccolo schermo nel maggio del 2014 riscuotendo da subito grande attenzione di pubblico e critica sia per il rimando immediato alla Lega degli straordinari gentlemen sia per l'effetto nostalgia generato dal richiamo dichiarato ai Mostri classici della Universal.
Infine • Blue Ruin, terso e atipico revenge-movie indipendente a firma Jeremy Saulnier che l'anno scorso stregò i festival di mezzo mondo (anche il Torino Film Festival) e che merita sicuramente, senza appello, un ripescaggio tra i guilty-pleasure estivi.
Permeata di un nerissimo e desolante umorismo, questa lucida odissea nel grottesco americano è un vero e proprio viaggio nelle case piene di armi e nelle leggi senza senso che negli Stati Uniti fanno da quadro a storie come quelle di Dwight Evans, protagonista senzatetto che vive di espedienti nel Maryland. Costui dorme nella sua vecchia Pontiac blu, si lava nei bagni delle case vuote, rovista nei cassonetti della spazzatura in cerca di cibo. Nel momento in cui scopre che l’assassino dei suoi genitori sta per tornare in libertà, decide di mettere in atto un’irrazionale vendetta.
Il regista è bravo e scrupoloso nel prendere la distanza giusta dal suo anti-eroe mentre ce lo mostra perseverare nei suoi istinti peggiori, noncurante dei rischi a cui tutto ciò lo espone. Frecce, fucili, carabine, e verso il finale persino quella che sembra una mitragliatrice. Blue Ruin mette in scena un bagno di sangue in cui affoga un'America rurale dove persone senza alcun peso sociale, pura white-trash che la crisi contribuisce solo a moltiplicare, lottano l'un contro l'altro armati senza alcuna regola, anche quando non ne hanno (come nel caso del protagonista) alcuna attitudine o destrezza. Dwight è disposto a tutto pur di portare la sua vendetta a compimento, e utilizzerà ogni arma e ogni metodo per pareggiare i conti. Finché non si fa prendere la mano, e lo spettacolo si farà folle e definitivo.
à tout à l'heure
Permeata di un nerissimo e desolante umorismo, questa lucida odissea nel grottesco americano è un vero e proprio viaggio nelle case piene di armi e nelle leggi senza senso che negli Stati Uniti fanno da quadro a storie come quelle di Dwight Evans, protagonista senzatetto che vive di espedienti nel Maryland. Costui dorme nella sua vecchia Pontiac blu, si lava nei bagni delle case vuote, rovista nei cassonetti della spazzatura in cerca di cibo. Nel momento in cui scopre che l’assassino dei suoi genitori sta per tornare in libertà, decide di mettere in atto un’irrazionale vendetta.
Il regista è bravo e scrupoloso nel prendere la distanza giusta dal suo anti-eroe mentre ce lo mostra perseverare nei suoi istinti peggiori, noncurante dei rischi a cui tutto ciò lo espone. Frecce, fucili, carabine, e verso il finale persino quella che sembra una mitragliatrice. Blue Ruin mette in scena un bagno di sangue in cui affoga un'America rurale dove persone senza alcun peso sociale, pura white-trash che la crisi contribuisce solo a moltiplicare, lottano l'un contro l'altro armati senza alcuna regola, anche quando non ne hanno (come nel caso del protagonista) alcuna attitudine o destrezza. Dwight è disposto a tutto pur di portare la sua vendetta a compimento, e utilizzerà ogni arma e ogni metodo per pareggiare i conti. Finché non si fa prendere la mano, e lo spettacolo si farà folle e definitivo.
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5 commenti:
Cosa ci aspettavamo da un film con Orlando Bloom? :) Anche se, invece, devo ammettere che Whitaker non mi dispiace affatto. Però, visto come parli del film, non mi sembra il caso di recuperarlo.
E sono d'accordo anche su Penny Dreadful. Come serie si presenta proprio bene e devo guardare il resto. Una serie storica in costume ci andava. Quando si parla della Londra vittoriana, poi...
L'unica paura è che possa accogliere presto quel velato e stancate romanticismo horror di cui son piene le fosse. Ma ha anche il merito di aver riportato in auge (in parte, almeno) il sosia giovane dell'infinito Tommy Lee Jones, mister Josh Hartnett :)
Luigi di ZULU però dico che merita una seconda chance. A me è piaciuto. È imperfetto e qua e là un po' bolso, ma ci ho trovato cose belle, e una originalità (solo potenziale) che comunque va sondata... insomma te lo consiglio!
Grazie. Avevo proprio bisogno di questo tipo di consigli (sto stirando e necessito compagnia ;-) )
oh cara Annalisa, da quanto tempo: arrivi qui come un ricordo invernale ;-)
No, davvero? Così tanto?
Colpa della mia preside, comunque ;-)
Grazie per il consiglio ("The Bridge").
Ora provo con "The killing" :-D
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