Avvolti in pellicce un tempo appartenute alle prede, arrivavano all’alba con i fucili a tracolla e si salutavano con un colpo di mento, strofinandosi le mani. Tacere era la più diffusa tra le tecniche con cui miravano a imitare l’unica autorità che riconoscevano sopra le proprie teste: la natura e le sue leggi.
Nemmeno uccidere, in quelle leggi, richiedeva un dubbio, un approfondimento: le leggi della natura non avevano un perché. Una volta stabilito, questo bastava a legittimare l’imperturbabilità dei volti, la certezza del passo, l’inesorabilità della mira.
I cacciatori avevano mani di fango e nomi da bestia. Le proprie generalità le avevano sepolte venendo al mondo, e da quel giorno si facevano chiamare come l’animale a cui, per indole o fisionomia, sentivano di assomigliare.
Leone. Bisonte. Formica.
E poi Vipera, Falco, Ramarro, Volpe, Lince, Sciacallo. Erano nomi che non potevi maneggiare senza avvertirne
il peso. Per me quei nomi equivalevano a orazioni, ma, prima che trovassi la forza di pronunciarle, i cacciatori mi avevano già voltato le spalle.
Le spalle dei cacciatori erano larghe come querce e non c’era modo di sottrarsi alla loro ombra.
All’ombra di quell’ombra, io avevo imparato a fare a meno della luce: crescevo, semplicemente, lasciando che il tempo mi spingesse in avanti.
A causa di questo affronto dell’età, a noi cuccioli (per quanto cuccioli o bambini fossero parole che nessuno usava, come se fossimo imbarazzati dalla loro fugacità) era destinata una qualche punizione. O comunque, io me l’aspettavo da un momento all’altro, e scrutavo mio padre con preoccupazione.
A volte avevo il timore che fosse proprio mio padre, la punizione.»
Quando eravamo prede
Carlo D’Amicis (Ed. Minimum Fax)
2 commenti:
Purtroppo non ho (quasi) mai letto nulla di suo. Ma lo ricordo bene perché ai tempi d'oro (i miei) illustrai il suo romanzo d'esordio selezionato al premio Strega. Si chiamava La Guerra dei Cafoni ed era ambientato proprio sulle coste salentine tanto care a chi scrive.
Ah era tua la copertina? Bella. Carlo è un mio amico. È nato a 6 km da dove sto io quindi conosco bene la sua poetica ;-)
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