È un inaspettato Shame in chiave Jersey-Shore quello messo a segno con indiscutibile sagacia da Joseph Gordon-Levitt, enfant-prodige della tv statunitense prima e poi del grande schermo (valga per tutte la sua interpretazione del potenziale Robin nell'ultimo Batman di Nolan, ma di ruoli cazzuti nel suo carnet ne ha davvero parecchi), il simpatico Don Jon, passato ai festival di Berlino e Sundance 2013 e da qualche settimana giunto anche nelle nostre sale.
La storia s'impernia su tale Jon Martello, sorta di Don Giovanni contemporaneo, un bulletto che ha grande successo con le donne ma è anche ossessionato dal porno virtuale. Stanco della propria insoddisfacente routine, si imbarcherà in una relazione seria (con una sempre burrosa Scarlett Johanson) nella speranza di trovare una vita sessuale e affettiva più gratificante; ma il viaggio finirà per trasformarlo, conducendolo all'incontro di una donna più materna.
Al netto di qualche stereotipo volutamente caricaturale (l'italiano palestrato dalla chioma perennemente ingellata che prega e va in chiesa ogni domenica) si respira parecchio buon cinema, in Don Jon: si omaggia smaccatamente il capolavoro - irripetuto - di Vincent Gallo, quel Buffalo 66 in cui il protagonista era un tamarro che esattamente come il Don di Levitt andava a pranzo dai genitori in un'atmosfera assurda, pregna di strilli e recriminazioni e con la cronaca televisiva di una partita di football perennemente in sottofondo, ma non si può non pensare al bel Boogie Night di Paul Anderson - tra l'altro incentrato come questo sul porno - quando improvvisamente compare una grande Julianne Moore in versione milf amorevole a rinfrescare la libido infetta del protagonista.
Al netto di qualche stereotipo volutamente caricaturale (l'italiano palestrato dalla chioma perennemente ingellata che prega e va in chiesa ogni domenica) si respira parecchio buon cinema, in Don Jon: si omaggia smaccatamente il capolavoro - irripetuto - di Vincent Gallo, quel Buffalo 66 in cui il protagonista era un tamarro che esattamente come il Don di Levitt andava a pranzo dai genitori in un'atmosfera assurda, pregna di strilli e recriminazioni e con la cronaca televisiva di una partita di football perennemente in sottofondo, ma non si può non pensare al bel Boogie Night di Paul Anderson - tra l'altro incentrato come questo sul porno - quando improvvisamente compare una grande Julianne Moore in versione milf amorevole a rinfrescare la libido infetta del protagonista.
Duole, semmai, scoprire che, dopo i primi tre quarti di puro sollazzo, la pellicola decida di addomesticarsi non poco preferendo percorrere una via meno trasversale, da commedia mainstream, con l'addiction al centro della storia messa al bando come il Male assoluto in funzione di una supposta idea di Amore celeste, profondo e "bidirezionale". Ma è una pecca che tutto sommato (accantonando ogni integralismo indie) si riesce a perdonare considerando quanto ciò nonostante il film regga il ritmo senza cedimenti strutturali. Merito dell’acerbo Gordon-Levitt in cabina di regia, che mostra di avere le idee chiare e adotta un linguaggio semplice e personale basato sulla reiterazione ossessiva di alcuni elementi narrativi; suoni, scene o frasi che gli servono per instaurare con lo spettatore un felice gioco di rimandi, allusioni e ammiccamenti (uno su tutti, geniale: il suono di avvio del Mac) e quindi non si può non segnalare il notevole salto di stile e sostanza che l'attore, alla sua prima prova dietro la macchina da presa, imprime al cinema moralista d'oltreoceano dell'ultimo decennio.
Bravo Joseph: non ci sentiamo affatto di avallare la prospettiva perbenista che alla fine permea l'opera - quella dell'«amore che salva», a dir poco una visione ingenua - ma siamo più che soddisfatti della pellicola e quindi ci uniamo al carrozzone di chi fa il tifo perché l'attore riesca in futuro a migliorarsi, portando alla luce pellicole ricche dello stesso brio, ironia e intelligenza del suo Don Jon che rimane, fino adesso, proprio grazie alla sua natura provocatoria e alla sua impostazione, una delle migliori commedie del 2013.
9 commenti:
Sbrigliato e ironico certo, ma gli americani restano moralisti ;-)
(Pippo)
Ah be' non c'è dubbio Pippo, sono moralisti, ma anche noi italiani non scherziamo (ma solo a parole, che' coi fatti non c'è nazione a reggere il confronto;-)))
E' piaciuto molto anche a me! ILOVEMILF ;)
@Goliarda: piaciuto molto per tre quarti, precisiamo! (il finale "basta amarsi sul serio" davvero insopportabile;-)
perchè tu c'hai u pilu.....;)
@Goliarda: ti posso rispondere solo con una serie di emoticon a casaccio ;-)))))) ^_^
(e comunque fossi nei tuoi panni - cioè, tradotto: avessi un buon cinema nei paraggi senza doversi smazzare 100 km come il sottoscritto - vedrei al più presto Nymphomaniac, l'ultimo di Lars Von Triers, che arriverà a brevissimo in italia grazie alla Good Films di Lapo Elkamm)(che tra l'altro distribuirà pure 'sto benedetto UOMINI E CANI, se ce lo fanno girare, questi tempi buii)
E secondo te non l'ho già messo in lista....?
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