Ci sono film congegnati per incollare lo spettatore allo schermo. Non importa quanto siano elementari e caciaroni. Anzi, sovente l'accoppiata di queste due caratteristiche contribuisce in maniera sostanziale al successo degli intenti.
Una di queste «perle per lo spirito» è certamente Tremors, firmato con mano sicura nel 1990 da Ron Underwood e mandato a ogni piè sospinto in replica dalle tivù di mezzo mondo (quelle del biscione qui da noi ci vanno a nozze, soprattutto nei periodi feriali). È un film decisamente popolare, noto anche ai più ostinati detrattori di puri prodotti da Drive-In come questo: praticamente impossibile non ricordarsi dei vermoni sotterranei, i graboids, ribattezzati dal doppiaggio italiano del primo episodio semplicemente come «agguantatori» (traduzione letterale di graboids) poiché all’epoca della distribuzione nelle sale nessuno pensava che un filmetto bollato anche in patria come feccia della peggior specie sarebbe divenuto un piccolo cult-movie (con tanto d'immancabili seguiti - tre, tutti evitabilissimi, a dirla tutta - e una serie tv).
Storia, dicevamo, decisamente lineare, quella di Tremors: siamo nel deserto di Perfection, cittadina isolata tra le montagne del Nevada che vanta una popolazione di ben 14 anime. Qui un duo di cowboys scaltri e un po' paraculi (impersonati dal sornione Fred Ward e da un giovane Kevin Bacon) scopre che nel sottosuolo si muovono animalacci striscianti in grado di risucchiarti in un boccone. Bisognerà sconfiggerli per salvarsi le chiappe. Tutto qua. E per circa un'ora e mezza ci si ritrova a seguire le peripezie della coppia di protagonisti - e del resto delle persone che vivono laggiù nonché della sismologa giunta nei paraggi per studiare il caso - in lotta contro il branco di mostruosi stronzi semoventi.
Il bello è che siffatta struttura narrativa - oggettivamente "basica" - funziona alla grande andando a pescare sia nel topos classico del western d'assedio che nel filone eco-revenge, e ci si diverte non poco a vedere gli esseri umani schivare le fauci delle creature cercando di volta in volta di definirli in maniera esemplificativa («quei fottuti vermacci!», «quegli stramaledetti biscioni!» e via così in un tripudio di improperi da sganasciarsi).
Al netto di un gruppo di interpreti assai in parte, è in primo luogo la confezione a reggere l'impianto complessivo del film: le psicologie dei personaggi sono ovviamente ridotte all'osso (il fanatico delle armi, il gestore del market, il contadino, la ragazzina petulante e via discorrendo) ma la desolazione del luogo in cui la storia si svolge è ricostruita con efficacia e originalità e così ci si mette un attimo a considerare verosimile l'isolamento in cui la diruta cittadina vive la propria quotidianità.
Inoltre, realizzato in un'epoca in cui la graphic-computer era un sogno che esisteva solo nei garage di Steve Jobs, va segnalato il fatto che i trucchi artigianali di cui il film fa largo uso sono davvero degni di nota e i mostroni tubolari, sorta di anguillone ctonie che si muovono scavando, risultano credibili e ben fatti. Ecco, i graboids, appunto. Il richiamo alla saga di Dune (1984) e dei vermi di Arrakis è più che evidente, ma S.S. Wilson, autore della sceneggiatura, racconta che mentre si trovava sotto le armi nel deserto della California a lavorare per conto della Marina immaginò che, riposando su una roccia, ci fosse qualcosa nascosto sottoterra ad impedirgli di scendere. Questa, con molta semplicità, fu la genesi dei graboids. Anche se il battesimo ufficiale della creatura nel film, avviene per voce di Victor Wong (Walter Chang, il proprietario del mini-market nel film) che quattro anni prima se l’era vista nei sotterranei del quartiere cinese di San Francisco contro David Lo Pan (Grosso guaio a Chinatown, unico tentativo di action-comedy per il grande John Carpenter).
Inoltre, realizzato in un'epoca in cui la graphic-computer era un sogno che esisteva solo nei garage di Steve Jobs, va segnalato il fatto che i trucchi artigianali di cui il film fa largo uso sono davvero degni di nota e i mostroni tubolari, sorta di anguillone ctonie che si muovono scavando, risultano credibili e ben fatti. Ecco, i graboids, appunto. Il richiamo alla saga di Dune (1984) e dei vermi di Arrakis è più che evidente, ma S.S. Wilson, autore della sceneggiatura, racconta che mentre si trovava sotto le armi nel deserto della California a lavorare per conto della Marina immaginò che, riposando su una roccia, ci fosse qualcosa nascosto sottoterra ad impedirgli di scendere. Questa, con molta semplicità, fu la genesi dei graboids. Anche se il battesimo ufficiale della creatura nel film, avviene per voce di Victor Wong (Walter Chang, il proprietario del mini-market nel film) che quattro anni prima se l’era vista nei sotterranei del quartiere cinese di San Francisco contro David Lo Pan (Grosso guaio a Chinatown, unico tentativo di action-comedy per il grande John Carpenter).
Alla fine della visione ciò che colpisce - prima dei graboids, delle facce sbomballate dei protagonisti e delle plaghe desertiche e cinturate di alte montagne all’orizzonte - sono le case fatiscenti di Perfection: cittadina sorta affastellando materiale di riciclo, che, non si sa come, produce quintali di spazzatura, talmente tanta che occorre un caterpillar per sbarazzarsene.
Film divertente e bel realizzato, insomma, che fa bene il suo sporco lavoro portando a casa in pieno il risultato. Ce ne fossero.
Film divertente e bel realizzato, insomma, che fa bene il suo sporco lavoro portando a casa in pieno il risultato. Ce ne fossero.
5 commenti:
Un cultone della madonna. Serve altro!? ;)
Eddy io lo rivedo ogni volta che lo danno, è una droga, tipo! ;-)
Filmone, quoto su tutta la linea
(Pippo)
Oh, sì sì.
Quando la sabbia palpita e il grande Kevin Bacon discute come salvarsi il culo, ti dispiace quasi di non essere lì ;-P
Lieto di saperti tra i fan dei mostracci (e del culo di Bacon:-))) cara Annalisa
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