una nuova «satiretta» sul mondo del Giallo a opera del solerte Fabio Lotti (qui e qui altri suoi interventi della stessa risma).
Non vedo satire in giro, né frustatine né piccoli sberleffi sul mondo del giallo in generale. Qualcosa che colpisca in modo giusto e faccia ridere o sorridere, o incazzicchiare pure. Tutto è serio, tutto è rigido, tutto (o quasi) plumbeo. E allora qualche pizzicotto ci sta bene.
Prendiamo le interviste. Che si trovano da tutte le parti. Molte sono belle e interessanti. Fanno scoprire l’anima vera di scrittori di razza. Con la S maiuscola. Fanno pensare, riflettere. Ma anche qui il loro numero diventa sempre più abnorme, inflazionato. E allora si assiste a delle cose assurde. A degli esseri umani (lo sono anche loro), maschi e femmine non c’è differenza di sorta che, per avere buttato giù due o tre libretti, si sentono arrivati, macerati, sdilinquiti dal lavoro che fanno. Tutti presi dal sacro fuoco della ispirazione. E giù a parlare, a scavare, a sviscerare come piccoli Proust. Intanto hanno la scrittura nel sangue. Sin da piccoli quando frequentavano le elementari. O addirittura nella placenta di mamma. Un imprinting naturale. In mancanza di questo il Destino. Che so una notte che non riuscivano a dormire si sono messi a leggere un capolavoro della letteratura poliziesca. Fulminati come San Paolo lungo la via per Damasco. E da allora si sono buttati a scrivere a corpo morto perché la parola scritta ha un potere che dura nel tempo. E’ Poesia. Oppure hanno iniziato quasi per gioco. Scriviamo qualcosa? Dai che ci divertiamo! Ed il gioco è diventata una vera, incontrastata passione che li avvince tutt’ora e li avvincerà (purtroppo) per sempre.
E come nasce un libro? Ma da un’idea, naturalmente. Che si fa strada piano piano (o prepotentemente a seconda dei vari temperamenti) nell’animo del prediletto di Dio che la plasma come uno scultore. Oppure semplicemente perché si sente l’urgenza di scrivere una storia che si sarebbe voluto leggere ma che ancora non c’è (su qualche miliardetto di storie). Oppure…oppure… Un mistero della vita. Come ce ne sono tanti a cui non è possibile dare risposta. E i personaggi? Come sono stati creati? Un lavoro lungo, difficile, una ricerca affannosa, quasi disperata. Stremati anche nel fisico. Figurati la psiche. E l’ambientazione? Quella poi. Da sfibrare le tempre più forti. E la critica alla società e la filosofia che sorregge tutto l’impianto dove le mettiamo?. Una faticaccia da non credere. Vengono i brividi solo a pensarci. E il rapporto con i propri libri (meglio ancora con il proprio, unico libro) ? Li amo tutti. Li adoro tutti. Sono come figli. Per loro darei la vita. E così via fino all’ultima, angosciosa domanda rivolta con lo stesso pallore sul volto che segnava l’attesa del responso delle antiche Sibille “E che cosa c’è nel cassetto?”. Con l’inevitabile, terribile risposta. Questa volta non ambigua (ibis redibis non…), ma chiara, sicura, decisa. Nel cassetto c’è sempre pronto un nuovo libro, un nuovo progetto. Mai nessuno che ci rassicuri. Che ci faccia tirare un sospiro di sollievo. Che dica basta. Ho finito qui. Nel cassetto non c’è più niente. E’ vuoto.
E come nasce un libro? Ma da un’idea, naturalmente. Che si fa strada piano piano (o prepotentemente a seconda dei vari temperamenti) nell’animo del prediletto di Dio che la plasma come uno scultore. Oppure semplicemente perché si sente l’urgenza di scrivere una storia che si sarebbe voluto leggere ma che ancora non c’è (su qualche miliardetto di storie). Oppure…oppure… Un mistero della vita. Come ce ne sono tanti a cui non è possibile dare risposta. E i personaggi? Come sono stati creati? Un lavoro lungo, difficile, una ricerca affannosa, quasi disperata. Stremati anche nel fisico. Figurati la psiche. E l’ambientazione? Quella poi. Da sfibrare le tempre più forti. E la critica alla società e la filosofia che sorregge tutto l’impianto dove le mettiamo?. Una faticaccia da non credere. Vengono i brividi solo a pensarci. E il rapporto con i propri libri (meglio ancora con il proprio, unico libro) ? Li amo tutti. Li adoro tutti. Sono come figli. Per loro darei la vita. E così via fino all’ultima, angosciosa domanda rivolta con lo stesso pallore sul volto che segnava l’attesa del responso delle antiche Sibille “E che cosa c’è nel cassetto?”. Con l’inevitabile, terribile risposta. Questa volta non ambigua (ibis redibis non…), ma chiara, sicura, decisa. Nel cassetto c’è sempre pronto un nuovo libro, un nuovo progetto. Mai nessuno che ci rassicuri. Che ci faccia tirare un sospiro di sollievo. Che dica basta. Ho finito qui. Nel cassetto non c’è più niente. E’ vuoto.
Da ristrappassi le palle dopo che sono ricresciute!
9 commenti:
Scusami Omar ma il testo così non torna. Evidentemente c'è qualche errore di "copiatura".
Fabio
Fabio io ho copi-incollato il tuo testo, se ci sono problemi rimandamelo che sostituisco...
Già rispedito.
Fabio
fabio dovremmo esserci (era saltata una tabulazione e avevo invertito alcune frasi)
Allora mi tengo caro quello che ha cominciato a scrivere per caso, per vincere una scommessa con gli amici? E l'idea non si è fatta strada piano piano e non è calata dal cielo ma gli è venuta guardando fuori dal bar dove stava facendo il concorso?
;-)
(ora, che mi sento macerare dentro a causa della gialla Poesia, mi metterò a scrivere un giallo pure io)
Omar non ci siamo. E' stato ripetuto l'inizio... :-)
Fabio
Però lascialo così che poi potrebbe mancare l'ultima parte... :-)
Fabio
Fa niente, fa niente, si capisce l'istesso...
;-)
Ne approfitto per dire ad Annalisa che avrei intenzione di inserire il tuo pezzo e quello di Pimpi nelle letture gabinettistiche di agosto (mi sono arrivati solo questi due interventi). Purtroppo per mancanza di spazio e per un equilibrio con gli altri pezzi dovrei tagliarlo in parte. E' un peccato perché mi piace assai ma non posso fare diversamente. Sempre che tu sia d'accordo.
Fabio
Posta un commento