in occasione della recente pubblicazione di Io sono lo straniero, nuovo romanzo di Giuliano Pasini, abbiamo rivolto qualche domanda all'autore.
• Allora Giuliano, dopo il successo di Venti corpi nella neve - Premio Massarossa, in fase di traduzione per il mercato tedesco - torni a raccontarci con Io sono lo straniero una nuova indagine del commissario Serra. Il tuo fortunato protagonista sembrava essersi lasciato l'orrore alle spalle, trovando rifugio in un paesino nel trevigiano, invece proprio qui è costretto a rimettere il suo fiuto di poliziotto in pista: ci racconti qualcosa di più?
È trascorso un anno dall'uscita di Venti corpi nella neve, ma nella vita di Roberto Serra ne sono passati cinque. Cinque anni lo portano dritto a superare il capodanno del 2000, quello che doveva essere straordinario sancendo la fine di un anno, di un secolo e di un millennio... e che poi ci ha lasciato un po' di amaro in bocca quando ci siamo accorti che il 1° gennaio 2000 era esattamente identico al 31 dicembre 1999. Ritroviamo Roberto a Termine, un incrocio più che un paese. Quattro case, tre strade che si intersecano e sembrano non vedere l'ora di sparire, una chiesa con il campanile staccato di qualche metro e un cimitero... oltre a un ristorante ricavato nel chiostro di un vecchio monastero. Attorno, solo vigneti, un mare di vigneti che scendono ripidi sino al mare vero, la Laguna di Venezia, che nelle giornate terse qualcuno sostiene si intraveda in lontananza. Roberto è tranquillo, quasi apatico. Svolge un lavoro da passacarte - capo dell'ufficio immigrazione - nella questura di Treviso (a 50 km da Termine, che lui percorre in corriera ogni giorno) e ha trovato delle pillole che, sciolte sotto la lingua, tengono sotto controllo la Danza e le sue visioni angosciose. Alice, la sua fidanzata storica, non vive con lui ma passa a trovarlo tutti i fine settimana. E attorno a Roberto ci sono altri personaggi «al femminile»: Susana, una bellissima sudamericana che lavora nel ristorante di Termine e da quelle parti sembra lei stessa cercare pace, e Francesca, una ragazza bizzarra che irrompe nella sua vita all'improvviso e la sconvolge, portandolo a indagare su alcune sparizioni misteriose avvenute a Treviso: guarda caso tutte donne, tutte giovani, tutte straniere...
• Come mai stavolta hai deciso di dedicare una parte considerevole, nell'impasto che tegumenta il romanzo, all'arte culinaria e alla prelibatezza del vino: l'enogastronomia è forse di famiglia in casa Pasini?
Ah ecco cosa dimenticavo: Roberto, la sera, sfoga in incognito la sua passione per la cucina nell'unico ristorante di Termine. Cucina sentendo i sapori nella testa, senza mai assaggiare, cucina rivedendo le mani della madre che compiono gli stessi gesti, cucina sconvolgendo le ricette di Alvise Dori, il proprietario del ristorante. C'era tanto cibo anche in Venti corpi nella neve, qui c'è una presenza più forte del vino. Di un vino, in particolare: il Prosecco che viene prodotto nelle colline attorno a Termine. E non un prosecco qualsiasi, ma il Prosecco "torbido", col fondo o "sur lie" come dicono i francesi. La guida dei lettori e di Roberto si chiama Loris Follador, una sorta di "elfo dei vigneti"... che esiste davvero, e produce un ottimo prosecco sur lie (provare per credere!)
• Dopo il frenetico passaparola on-line sei passato con grande (e meritato) successo alla Fanucci. Ora sei approdato in Mondadori, e ci sembra che la scalata possa continuare: ti vedremo presto tra i saggi del Quirinale?
Ahimè, la saggezza mi difetta. Poi ho già troppe cose da fare...
• Parliamo di stile: la tua scrittura asciutta e meticolosa sembra fatta apposta per inchiodare il lettore. Continui ad affinare i tuoi strumenti narrativi oppure senti ormai di padroneggiare una tua personale lingua? Ci sembra che, ancor più che in Venti corpi, in questo tuo ultimo romanzo l'attenzione per il ritmo e la plausibilità del plot sia diventata una imprescindibile priorità…
Il plot, o ancora più a monte, la "storia" che sta dietro il plot sono la mia priorità. Mi piace raccontare storie, e parto sempre da lì. Poi il giallo è un genere-contenitore dentro cui puoi mettere temi anche pesanti e gravi, che è quel che cerco di fare io. Lo stile, secondo me, sta diventando più maturo... ma prima di poter dire che ho imparato a scrivere, devo mangiarne di polenta (e berne di Prosecco!). Vorrei arrivare a un livello zero di scrittura, in cui togliendo un solo periodo, il romanzo intero non sta più in piedi (uhm... forse di Prosecco è meglio se ne bevo meno...)
• Domanda inevitabile: progetti per il futuro?
Stare più tempo possibile con Sara e Alessandro, mia moglie e mio figlio nato il 23 febbraio. Ah, dici progetti letterari? Inizio a raccogliere il materiale e a studiare per il terzo romanzo. L'ultimo con Serra? Chissà!
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