venerdì 15 febbraio 2013

ancora giallo per il Corriere...

Domani seconda uscita ne I Gialli del Corriere della Sera.
L’ALIBI DI SCOTLAND YARD:
Subito dopo aver ucciso Monckham andai direttamente a Scotland Yard. Mi sembrava il posto migliore per crearmi un alibi". Inizia così questo romanzo scritto originariamente nel 1938. Ma nonostante l'apparenza il lettore non saprà fino alla fine - in realtà fino all'ultima riga del libro - chi è il colpevole, sebbene quest'ultimo ci racconti in prima persona i suoi movimenti. Monckham, la vittima, era un ricattatore che aveva estorto denaro a numerose persone. Dunque sono in molti quelli che avevano un movente e che hanno tratto vantaggio dalla sua morte. Ma chi fra loro è il narratore assassino? Un assassino che, anche se attentissimo a non tradirsi, è però estremamente fair nei confronti delle altre persone coinvolte al punto da intervenire con opportune anonime indicazioni agli inquirenti per dimostrare come il presunto colpevole di turno non possa aver commesso il crimine. Un libro anomalo nel suo genere, una sfida al lettore che non potrà fare a meno di cercare di superare in astuzia l'autore Betteridge Don e scoprire il colpevole prima che gli venga svelato.
«Subito dopo aver ucciso Monckham, andai direttamente a Scotland Yard. Mi sembrava il posto migliore per crearmi un alibi.
Chiesi dell’ispettore Duncan, che conoscevo bene. Non c’era, ma la cosa non aveva importanza. Perché il sergente Newcombe, che in genere lavorava con Duncan, era presente, e la mia domanda spontanea - quanto ci avrebbe messo ad arrivare Duncan - sarebbe stata importante per richiamare l’attenzione sul fattore tempo. Newcombe aveva una buona memoria, come sapevo, ed era improbabile che si dimenticasse di un simile particolare, sebbene vi avessi fatto cenno in un modo assolutamente casuale. In ogni caso, non mi aspettavo che sarebbe stato necessario fare affidamento sulla sua memoria. Monckham era il primo uomo che avessi mai ucciso, ma ero certo di non aver commesso alcun errore.
Duncan arrivò mezz’ora dopo. Aveva un paio di cosette da sbrigare, ma poi andammo a casa insieme. Duncan è un mio vecchio e fidato amico, e le nostre abitazioni, i cui muri posteriori confinano, si trovano in strade adiacenti. Passò da me per il bicchiere della staffa e poi proseguì verso casa sua. Così, dalle 21,25 alle 23,10 del 21 ottobre 1936, avevo il migliore alibi del mondo: ero in compagnia di uno stimato funzionario di Scotland Yard. E per i primi quaranta minuti - il periodo critico - mi trovavo proprio a Scotland Yard. Nemmeno il più scaltro pubblico ministero del Paese sarebbe stato in grado di inficiare il mio alibi.
Sebbene avessi ucciso un uomo due ore prima, me ne andai a letto fiducioso, in perfetta tranquillità d’animo. Ero sicuro che il mio piano fosse infallibile. Era un piano semplice, ma l’avevo preparato con grande cura. Credo di aver letto centinaia di romanzi polizieschi, quelli che i primi ministri e i vescovi elogiano in modo così sperticato.»

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Se il buon dì si vede dal mattino, un buon romanzo si vede (anche) dall’incipit. E se l’incipit è “Subito dopo aver ucciso Monckam, andai direttamente a Scotland Yard. Mi sembrava il posto migliore per crearmi un alibi”, allora si prospetta davvero un buon romanzo. Da fregarsi le mani. Però, oddio, basta vedere chi entra a Scotland Yard, per sapere chi è l’assassino. Solo che a Scotland Yard ci entrano in parecchi…
Siamo nella Londra del 1936, la vittima è Francis Moncham, un ricattatore di professione ucciso nella sua stanza con una pallottola nel cuore. Il cadavere è stato scoperto dalla moglie del portiere del palazzo, impronte femminili sulla maniglia della porta, impronta sulla finestra dalla parte esterna del ladro Podger Smith (dunque possibile indiziato). Subito sospettati i ricattati come Lumley, ex carcerato che lavora nella polizia (ingaggia a difenderlo il capitano Peter Darrell, investigatore dilettante). Svolgono le indagini il sovrintendente Aliston e l’ispettore Duncan “una persona amabile, piena di tatto, arguta e dalla pazienza illimitata”, studioso di psicologia e amante della letteratura poliziesca. Tra l’altro cita un sacco di detective: Sherlock Holmes, Sexton Blake, Lord Peter Wimsey, dottor Thorndyke, Hercule Poirot, ispettore French, il sovrintendente Wilson (l’autore ci tiene a farci sapere che non è un novellino).
Una storia basata molto sulla ricostruzione meticolosa dell’alibi ma anche movimentata con Duncan costretto ad andare a Parigi, poi ad Andorra dove scampa ad un pericolo (con ferita) lungo i monti, flash back ripetuti, un colpo, colpissimo, di scena finale.
In prima persona le vicende dell’assassino e in terza gli altri eventi, un po’ di lungagnate, ritmo talora affaticato, spunti di critica ai “soliti” romanzi polizieschi piuttosto inverosimili. Insomma qualche pagina di troppo, ma un libro certo da leggere.
Fabio

sartoris ha detto...

@Fabio: questo è davvero il tuo territorio, non ci metto bocca ;-)

LUIGI BICCO ha detto...

Li ho visti, in edicola. Bella la veste grafica, ma a 'sto giro passo. Però è interessante notare come la collana raccolga nomi tutt'altro che scontati.

sartoris ha detto...

@Luigi: effettivamente la grafica di 'sti libretti «spacca», come si dice all'accademia della Crusca :-)

Pimpi ha detto...

il mio ordine d'acquisto per gli utenti della biblioteca è gia partito....ovviamente ;)

sartoris ha detto...

@Pimpi, gli appassionati di giallo/thriller/noir e western (pugliese) della tua zona dovrebbero dedicarti un monumento ;D