I Fluid Video Crew (al secolo Davide Barletti e Lorenzo Conte) raccontarono con Fine Pena Mai, loro seconda opera del 2008, la storia vera del «malamente» Tonio Perrone (Claudio Santamaria), giovane boss che nel giro di pochi anni scalerà i vertici della Sacra Corona Unita. Una vita, quella di Perrone, fatta di pistolettate, auto rombanti ed eroina a fiumi. La sua compagna Daniela (Valentina Cervi) è l'unico lenitivo alle sregolatezze di una carriera criminale cominciata gestendo una bisca assieme ad un pugno di malavitosi di basso cabotaggio e che presto lo porterà una prima volta tra le sbarre, dove entrerà in contatto coi mammasantissima dell'organizzazione pugliese.
Spariti (o morti) i suoi vecchi compagni, il protagonista della storia diviene in breve un pezzo grosso della quarta mafia, ma quando lo Stato sgominerà la SCU si ritroverà di nuovo al gabbio con una pena di 49 anni sul groppone, durante i quali scriverà il libro autobiografico Vista d’interni (ed. Manni) dal quale il lungometraggio è tratto.
I due registi, sicuramente dotati, tentano l'impresa di svecchiare il gangster-movie intersecando due piani temporali contrapposti: la spasmodica ricerca del successo nel passato da una parte e la statica desolazione carceraria dell'oggi dall'altra. Tuttavia si evidenzia sin da subito un certo scompenso tra la condizione di semi-ergastolano del Perrone - che viene liquidata con qualche frame finto-poetico - e il frisson dell'ascesa al potere, oggettivamente attraente dal punto di vista visivo e inoltre giustificato dalle evidenti necessità di ritmare il racconto (ma non dimentichiamo che Quei bravi ragazzi, capolavoro assoluto del genere, riusciva a comunicare al contempo l'eccitazione dell'illegalità e la noia della vita in galera in una perfetta, armoniosa giustapposizione).
Sono peraltro sicuramente encomiabili i tentativi di declinare in chiave levantina gli scenari tipici del filone, con splendide panoramiche sul mosaico di tetti imbiancati dell'entroterra del Salento e vedute mozzafiato dell'azzurrità del mediterraneo, con l'irruzione inaspettata di begli squarci folkloristici (l'improvviso transito di una processione per le vie del paesello, le decine di venditori ambulanti sugli Apecar semisfasciati). Anche l'utilizzo ricorrente di caratteristi lombrosiani per definire la serqua di personaggini secondari risulta assai vincente (uno su tutti, il bravo Danilo De Summa, efficace faccia da brindisino che da anni arricchisce pellicole di questa genia col suo grugno folle e incarognito). Il vero problema risiede semmai nello sviluppo narrativo, sovente denso di vuoti e incongruenze: dalla bella Valentina Cervi/Daniela che in alcuni momenti sembra perfettamente incastrata nei traffici del marito e in altri sembra rivendicare per sé il ruolo di moralista, sino al suicidio del giovane lestofante Gianfranco o al tradimento malcongegnato e incomprensibile di Daniele. Moltissimi sono comunque gli spunti creativi interessanti, che restano però spesso marginali o messi a fuoco maldestramente: la desaturazione della fotografia mano a mano che il protagonista cade nell'abisso del Male, il racconto in voce-off che poteva risultare epico e invece rimane didascalico: insomma una pellicola che - si avverte - poteva essere tanto di più e che per certi versi resta un'occasione sprecata. Fine Pena Mai si dimostra dunque, al netto di molte imperfezioni, opera d'un certo interesse: per il valore intrinseco della tematica (la nuova criminalità che infestò la vergine Puglia), per la prova dei due protagonisti (Santamaria è sempre bravo, e ha imparato bene il dialetto locale) e infine perché si tratta di un’opera di una coppia di giovani registi che sanno di poter sbagliare perché hanno molta strada da fare.
I due registi, sicuramente dotati, tentano l'impresa di svecchiare il gangster-movie intersecando due piani temporali contrapposti: la spasmodica ricerca del successo nel passato da una parte e la statica desolazione carceraria dell'oggi dall'altra. Tuttavia si evidenzia sin da subito un certo scompenso tra la condizione di semi-ergastolano del Perrone - che viene liquidata con qualche frame finto-poetico - e il frisson dell'ascesa al potere, oggettivamente attraente dal punto di vista visivo e inoltre giustificato dalle evidenti necessità di ritmare il racconto (ma non dimentichiamo che Quei bravi ragazzi, capolavoro assoluto del genere, riusciva a comunicare al contempo l'eccitazione dell'illegalità e la noia della vita in galera in una perfetta, armoniosa giustapposizione).
Sono peraltro sicuramente encomiabili i tentativi di declinare in chiave levantina gli scenari tipici del filone, con splendide panoramiche sul mosaico di tetti imbiancati dell'entroterra del Salento e vedute mozzafiato dell'azzurrità del mediterraneo, con l'irruzione inaspettata di begli squarci folkloristici (l'improvviso transito di una processione per le vie del paesello, le decine di venditori ambulanti sugli Apecar semisfasciati). Anche l'utilizzo ricorrente di caratteristi lombrosiani per definire la serqua di personaggini secondari risulta assai vincente (uno su tutti, il bravo Danilo De Summa, efficace faccia da brindisino che da anni arricchisce pellicole di questa genia col suo grugno folle e incarognito). Il vero problema risiede semmai nello sviluppo narrativo, sovente denso di vuoti e incongruenze: dalla bella Valentina Cervi/Daniela che in alcuni momenti sembra perfettamente incastrata nei traffici del marito e in altri sembra rivendicare per sé il ruolo di moralista, sino al suicidio del giovane lestofante Gianfranco o al tradimento malcongegnato e incomprensibile di Daniele. Moltissimi sono comunque gli spunti creativi interessanti, che restano però spesso marginali o messi a fuoco maldestramente: la desaturazione della fotografia mano a mano che il protagonista cade nell'abisso del Male, il racconto in voce-off che poteva risultare epico e invece rimane didascalico: insomma una pellicola che - si avverte - poteva essere tanto di più e che per certi versi resta un'occasione sprecata. Fine Pena Mai si dimostra dunque, al netto di molte imperfezioni, opera d'un certo interesse: per il valore intrinseco della tematica (la nuova criminalità che infestò la vergine Puglia), per la prova dei due protagonisti (Santamaria è sempre bravo, e ha imparato bene il dialetto locale) e infine perché si tratta di un’opera di una coppia di giovani registi che sanno di poter sbagliare perché hanno molta strada da fare.
10 commenti:
Mi è piaciuto Fine Pena Mai, merita comunque, anche se c'è qualche imperfezione. Santamaria, poi, lo adoro! Ciao Omar!
Ciao Clara, ma com'e' che non ho mai trovato una donna cui Santamaria non piacesse? (E' bravo, certo, ma e' anche bello? A me non sembra:-)(ma forse e' invidia, la mia)
Sartoris by Mobile
Una giustificazione potrebbe essere che Fine pena mai nasce come documentario e solo successivamente si trasforma in lungometraggio. E poi si sono rifatti con Radio Egnatia:-))
@Fabrizio: questo non lo sapevo, non cambia l'impalcatura della mia recensione/visione ma comunque mi fa comprendere meglio alcune cose: in tutti i modi sia chiaro non mi sento di bocciare il loro lavoro, anzi, i Fliud Video Crew sono e restano tra le cose maggiormente stimolanti che - a mio modesto parere - ha prodotto l'ultimo coté cinematografico salentino!!!!
al tempo fui molto duro nei confronti del film (scrissi le stesse identiche cose sul personaggio della moglie del protagonista)ma sono d'accordo sul fatto che i FVC sono bravi e la conferma sono i scuccessivi lavori; radio egnataia e Non c'era nessuna signora a quel tavolo. Se ritrovo tutto ti mando una mail.
a me questo film piacque molto,certo non era perfetto,ma molto intenso,e poi aveva il merito di raccontare la Sacra corona unita,che forse è la mafia meno raccontata in assoluto.In quanto a Santamaria è bravissimo,e poi caro Anonimo se non hai mai trovato una donna a cui non piacesse un motivo ci sarà...è alto,ha gli occhi azzurri,una bella bocca,un bel fisico,è sexy da morire e dal vivo è ancora meglio,se non è bellezza questa...i brutti non li hai mai visti
@veronica: benvenuta su questo blog! Hai ragione, raccontare la SCU è già un merito (ti consiglio, se non lo hai già fatto, di vedere anche GALANTUOMINI di Edoardo Winspeare). E poi su Santamaria mi sa che c'hai ragione: è bello, il resto non conta;-)))
si ho visto anche Galantauomini e mi è piaciuto davvero molto,bravissimi tutti gli attori,in particolare donatella finocchiaro,che secondo me è una delle migliori attrici italiane,questi film che raccontano la Sacra corona unita mi piacciono davvero molto,sarà anche grazie ai meravigliosi scenari che offre il Salento,una zona che amo molto
@veronica, perfetto, allora! Ora non ti resta che leggere il romanzo di Clara Nubile (suo il primo commento a questo post) che di Salento e Sacra COrona è intriso sino al midollo, poi quello di Cosimo Lopalco (ne ho parlato su questo blog qualche giorno fa) e infine il mio LA LEGGE DI FONZI e saprai tutto quello che c'è da sapere sull'argomento!!!! :-)
(ovviamente si fa per scherzare: torna spesso a trovarci^_^)
grazie dei consigli,e visto che l'estate è la stagione adatta per leggere,cercherò di leggerli tutti,così dopo tutta questa cultura sulla Sacra corona unita,potrei diventarne anche una boss:-)
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