Un paio di considerazioni a caldo fuori dalla sala in cui proiettavano Millenium, il reboot fincheriano dell'omonimo film svedese tratto da Stieg Larsson. La pellicola regala allo spettatore la consueta manna di inquadrature toste e musica figa made in David Fincher (per chi scrive, uno dei più dotati cineasti dell'ultimo quindicennio: Zodiac resta a nostro parere tra le migliori perle noir di sempre), e l'ottima recitazione dei due attori principali Daniel Craig (fascinoso il contrasto tra il suo ceffo da sicario slavo e gli occhialini da intellettuale) e una Rooney Mara che riesce nel miracolo (quasi) di non far rimpiangere la Rapace. Fotografia fredda e grigia, scenario innevato, atmosfera sospesa e livida, la storia procede inanellando tensione, si prende i suoi tempi (2 ore e 40 minuti) addentrandosi nei misteri di una famiglia altolocata, fra rancori, passi biblici da decifrare e efferatissimi omicidi in serie: il Male che si annida nei meandri invisibili dei legami parentali. Notevoli anche i comprimari: Skarsgard perfidamente ambiguo, Plummer il solito monumento dalla faccia di faina invecchiata. Strepitosi pure gli eleganti titoli di testa, in stile Goldfinger. Insomma, si torna a casa col cuor contento, a maggior ragione considerando che Fincher il film l'ha fatto su commissione (e in fondo si vede, visto che, al netto del suo talento visivo unico e insostituibile, Millenium resta una copia-carbone del brutto predecessore, copia della quale - forse - non avevamo granché bisogno, ma a dirla sinceramente nemmeno di questo, avevamo bisogno).
Detto ciò ci è venuto naturale pensare che la fortuna di entrambi i film - nonché dell'intera troika letteraria - non è sicuramente dovuta al plot. In fondo, messi da parte l'ambientazione e la scoperta che persino nella civilissima Svezia ci si ammazza e ci si scanna per pura perversione, l'ingranaggio che muove la storia (le storie, anche quelle dei due libri a seguire) non è tra i più originali, niente che un episodio di CSI o un romanzo di Jim Thompson non ci avesse già mostrato e rimostrato, e pure con maggiore profondità. A Larsson è più che altro capitato ciò che a uno scrittore capita di rado ma che è il più grande dono auspicabile per chiunque passi la propria vita a costruire impalcature narrative: ha imbroccato un personaggio. Tutto il bailamme che sostiene il fenomeno Larsson (ivi incluso quest'ultimo circo cinematografico) si deve, a ben guardare, a lei, a Lisbeth Salander e alla sua aggressiva silhouette emo-punk, ai suoi silenzi tormentati, lo sguardo impenetrabile, la sua anima nera che come un tank d'assalto combatte senza ripensamenti una battaglia con la realtà persa in partenza. Ecco, è lei il fulcro di tutto, e senza quel personaggio che non sfigura nemmeno quando non è indossato da una tosta come Noomi Rapace, forse Millenium sarebbe l'ennesima bolla piena di niente. Ma per la fortuna dei cultori (che sono tanti) e la sfortuna degli invidiosi (anch'essi numerosissimi) non è così. No, no.
Detto ciò ci è venuto naturale pensare che la fortuna di entrambi i film - nonché dell'intera troika letteraria - non è sicuramente dovuta al plot. In fondo, messi da parte l'ambientazione e la scoperta che persino nella civilissima Svezia ci si ammazza e ci si scanna per pura perversione, l'ingranaggio che muove la storia (le storie, anche quelle dei due libri a seguire) non è tra i più originali, niente che un episodio di CSI o un romanzo di Jim Thompson non ci avesse già mostrato e rimostrato, e pure con maggiore profondità. A Larsson è più che altro capitato ciò che a uno scrittore capita di rado ma che è il più grande dono auspicabile per chiunque passi la propria vita a costruire impalcature narrative: ha imbroccato un personaggio. Tutto il bailamme che sostiene il fenomeno Larsson (ivi incluso quest'ultimo circo cinematografico) si deve, a ben guardare, a lei, a Lisbeth Salander e alla sua aggressiva silhouette emo-punk, ai suoi silenzi tormentati, lo sguardo impenetrabile, la sua anima nera che come un tank d'assalto combatte senza ripensamenti una battaglia con la realtà persa in partenza. Ecco, è lei il fulcro di tutto, e senza quel personaggio che non sfigura nemmeno quando non è indossato da una tosta come Noomi Rapace, forse Millenium sarebbe l'ennesima bolla piena di niente. Ma per la fortuna dei cultori (che sono tanti) e la sfortuna degli invidiosi (anch'essi numerosissimi) non è così. No, no.
4 commenti:
Oh, sì sì! Eppure, quando sono arrivata a il più grande dono auspicabile per chiunque passi la propria vita a costruire impalcature narrative: ha imbroccato un personaggio , spiacente, ma io ho pensato a Blomkvist. Mi si dirà che è il solito indagatore fortunato, ma, che devo dire, io sono rimasta incollata ai libri per lui, credo :-)
Sui rifacimenti, be', sono sempre piuttosto perplessa, anche se di solito 'sti 'mericani rifanno in meglio (togliendo ciò che non va, lungaggini, e così via). Vedremo se avrò voglia di rivedere Millennium, mettendo da parte Nyqvist per Craig, che non piace molto, ma che qui sembra avere il suo perché :-)
@Annalisa, il Blomkvist di Craig è assai convincente, anche se ti aspetti sempre che da un momento all'altro cacci fuori una mossa da karateka alla James Bond ;-)))
"invece di questo avevamo bisono" ...mitico :-)
@Carla: grazie, tu l'hai visto 'sto film? (la fotografia di Fincher è sempre in-cre-di-bi-le!!!!)
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