Giuliano Pasini ha esordito in questi giorni con la TimeCRIME, nuova costola decisamente noir della casa editrice romana Fanucci. Lo abbiamo incontrato per scambiare con lui quattro chiacchiere.
Il tuo Venti corpi nella neve è un thriller poliziesco duro ed evocativo che si è aggiudicato il premio letterario IoScrittore, nel torneo on-line organizzato dal Gruppo Mauri Spagnol. Ha avuto quindi una sua storia digitale pregna di consensi e discussioni sulla rete prima di sbarcare sugli scaffali grazie alla meritoria opera dell'editore Fanucci. Un percorso diverso e decisamente controtendenza rispetto all'attuale panorama editoriale: vuoi parlarcene?
• Un percorso diverso, è vero. Ancor più singolare perché Fanucci - e l’ottimo direttore editoriale Alfredo Lavarini in primis - ha chiesto di leggere il manoscritto rispondendo a una mia mail. Segno che ci sono ancora editori che fanno “cherry picking” di quanto arriva. Indubbiamente è stato fondamentale che nel mio messaggio ci fosse scritto che il romanzo era stato tra i 30 ebook premiati da IoScrittore, il torneo del gruppo GeMS. Ho assaggiato così l’esordio digitale e mi sono reso conto delle potenzialità del mercato. Può essere un modo per farsi notare, ma meglio, per il momento, la cara vecchia carta: Venti corpi mica ci stavano in un e-reader! E la neve sicuramente avrebbe rovinato i circuiti.
Nel romanzo riesci a descrivere con efficacia un piccolo mondo antico che sotto la superficie ovattata della neve cela tensioni e ombre parecchio inquietanti. Hai praticamente declinato in chiave emiliana la provincia di tanti gialli americani (innestandovi sopra anche un accenno di soprannaturale), ottenendo un solido compromesso tra le atmosfere di Fargo dei fratelli Coen e l'impianto dei grandi classici europei del genere: come ci sei arrivato e quali sono gli autori a cui ti sei ispirato?
• Ho tanta polenta da mangiare prima di arrivare a Fargo. Il mondo piccolo che descrivo è quello in cui sono cresciuto. “Il mare più bello d’Italia”, come dice Marco Santagata. Ovvero: l’Appennino. Un mondo che ha i suoi ritmi, le sue genti, i suoi usi. E che separa rigidamente chi è “un di nòster” da chi è “ed fòra”. Mi fa piacere che tu mi accosti a classici internazionali. Pur avendo maestri italiani (Francesco Guccini, maestro di lettere e di vita), ho cercato fortemente di creare un giallo con un’ambientazione italiana, non “all’italiana”. Nessuna concessione al folklore. Per chi c’è stato: la gente di montagna magari ti sorride, ma difficilmente si apre. Possono volerci anni. Al mio protagonista, Roberto Serra, non ne sono bastati quattro. I maestri sono tanti, sono un lettore onnivoro e vorace. Ti annoierei elencando tutti quelli a cui devo qualcosa. A partire dai classici greci di cui spero di essere riuscito a trasmettere l'ineluttabilità che caratterizza il destino di tutti e, di conseguenza, anche del povero Roberto Serra.
La storia è popolata di personaggi minori, diversamente ossessionati dalle lontane vicende della guerra. Per certi versi mi ha ricordato quella particolare allure di dolore e disincanto che adombra alcuni fantastici racconti di un altro grande maestro del noir e del gotico della tua regione: Eraldo Baldini. L'Emilia meno pubblicizzata, quella montanara o comunque quella lontana dai circuiti turistici sembra portarsi addosso più di altre zone del Belpaese l'impronta di una sofferenza legata a quegli anni di Resistenza e coraggio ma anche di violenza e soprusi: è così?
• È così. Io sono cresciuto con mia madre che mi indicava un colle e mi diceva «Là c’erano i tedeschi», poi ne indicava un altro: «là gli americani». E la gente normale in mezzo. Il paese in cui è nata sorgeva proprio sulla Linea Gotica, davanti alla quale gli alleati avevano arrestato la risalita della penisola aspettando che l’inverno passasse. A pensarci vengono i brividi: due grandi armate e in mezzo poche persone a cui la guerra aveva già portato via tutto. Spesso solo donne e bambini, perché i più o meno adulti - più o meno in grado di combattere - erano arruolati in un qualche esercito o alla macchia. Nel romanzo poi parlo di un eccidio che non è avvenuto, ma che nelle modalità ricorda quello dei Boschi di Ciano. Un eccidio minore, se paragonato - ad esempio - alla carneficina di Marzabotto. Ma minore per chi? Non certo per le persone che l’hanno in qualche modo vissuto. In quell’inverno del 1944 la guerra era entrata nelle case, aveva cambiato la vita di gente che non aveva altra colpa che quella di trovarsi nel luogo sbagliato. Non deve più succedere. Bisogna perpetrare la memoria e con essa il dolore. Nessuno deve riscrivere la storia secondo criteri che non siano quelli di pietà e verità. Mai più la guerra, ecco il messaggio che ho cercato di vestire di “giallo”.
Fanucci ha lanciato il tuo libro all'interno di questa nuova linea, la TimeCRIME, che ci sembra in grado di unire la qualità del materiale offerto alla convenienza del prezzo d'acquisto. A prescindere dalla ovvia stima verso chi ti pubblica come giudichi l'iniziativa e (considerato il tuo percorso) qual è il tuo parere sull'annosa questione digitale versus cartaceo?
• Per me lo spartiacque è stato un romanzo di Ken Follett uscito con un prezzo di acquisto di 25 euro. Una follia. Trasformare il libro in un bene di lusso significa renderlo elitaria e, di conseguenza, diventare un paese più povero in tanti sensi e quello economico non è il più grave. Iniziative come TimeCRIME le salutavo con entusiasmo già prima di finirci “dentro”. Uno dei miei propositi per il 2011 era stato quello di comprare solo romanzi che costassero meno di 12,50 euro, la metà esatta di quel Follett. Ce l’ho fatta e ho letto cose straordinarie. Dürrenmatt e Vonnegut per fare due nomi. E, venendo a TimeCRIME Se pensi che a 7,70 euro si possono comprare un’autrice da 25 milioni di copie nel mondo e un’anteprima mondiale (senza parlare di un esordiente sconosciuto), be’ cosa possiamo dire? Lunga vita a TimeCRIME e a Sergio Fanucci!
Cosa ci dobbiamo aspettare adesso da Giuliano Pasini? Stai lavorando a un nuovo libro?
• Il secondo romanzo, senza Roberto Serra e senza l’Appennino, è pronto. Se Venti corpi nella neve ruota attorno al desiderio di vendetta, il secondo ruota attorno alla desiderio di potere. E affronta un tema piuttosto attuale, quello della manipolazione delle informazioni. Sto poi lavorando al secondo romanzo di Roberto Serra, con un’ambientazione differente, tra Treviso e il “profondo Nord Est”. Una terra che ha tanto da raccontare, come il mio Appennino che non abbandono, anzi. Cosa uscirà prima? Non lo so. Dipende soprattutto da Roberto Serra, non credi?
6 commenti:
be', intrigante, direi...
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@FIlo: moolto intrigante, senti a me :-)
intervista molto interessante e libro da non perdere.
@grazie SPUTO (bello il tuo blog)!!!
Preso oggi, e proprio per via di questo articolo (ma va??). Guarda, in mezzo alla catasta di libri in vendita, questa collana colpiva anche per la convenienza del prezzo, davvero. E non sono libri poco curati, anzi!
Quindi, cominciamo con Pasini e poi magari anche gli altri.
Grazie (ovviamente) della segnalazione. Ti devo ormai un sacco di buoni autori :-)
@Annalisa: al solito, è un piacere :-) (magari quando lo finisci vieni qui a fare una di quelle tue recensioni "oblique")
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