Una stronzata per Sartoris.
Questa che potrebbe sembrare un’offesa bella e buona è invece un impegno serio preso qualche giorno fa per la rubrica «cazzate» di Sartoris. Tra l’altro nella mia, di rubrica, che tengo su Sherlock Magazine, ho perfino scritto l’elogio della stronzata. A cui ho aggiunto quello del silenzio, della lentezza e della tomba (sì, avete capito bene, lo trovate qui). A parte certi miei momenti di pallosità estrema che mi procurano sane antipatie e mi fanno pure rabbia, fortunatamente sono provvisto di un’ampia sacca di ironia che mi tiene su il morale. Con tutti i pezzi di vita che sto perdendo per strada figuriamoci come sarei ridotto senza questa particolare risorsa dell’animo umano. Dunque vediamo quale stronzata posso rifilare al nostro bravo Sartoris.
Scarto l’ironia sui mallopponi scandinavi che hanno invaso la nostra penisola. Sono belli, gonfi, pettoruti, un esercito ho scritto da qualche parte, che ci ammaliano con i lunghi silenzi ed il bianco immacolato delle loro terre, sulle quali una goccia di sangue può suscitare l’impressione di un’ecatombe. Tra l’altro credo che il successo di questi autori sia pure dovuto alla pena che ci fanno con quei denti che battono continuamente fra di loro e le labbra perennemente violacee (brrrrrr!!!).
Scarto l’ironia sui gialletti rosa dove l’indagine poliziesca se ne va a farsi friggere lasciando il posto a una tresca amorosa che non finisce mai. Occhiatine, sussurri, sorrisi, mezze parole, la capa (di solito) che smania per il sottoposto di turno o il sottoposto di turno che smania per la capa. Uno sbaciucchiamento continuo (in teoria) che difficilmente si trasforma in pratica lasciando il lettore ingrifato e insoddisfatto.
Scarto pure l’ironia sui manuali di psichiatria (ci va pure di rima), quei libroni dove escono fuori menti malate, perverse, schizofrenici, maniaci, psicopatici, allucinati, ossessivi, bipolari, ritualistici. Insomma pazzi che brancolano assatanati a delirare, ansimare, smembrare, torturare, distruggere. Fino a quando il lettore, impazzito lui stesso, non farà fuori gli autori. E il cerchio si chiude (essendo un pigrone del Toro ho ripreso un pezzo già scritto).
Scarto l’ironia su tutti i diavoli, le streghe, i vampiri, i morti viventi e simile genia che escono fuori dalle pagine di millanta diavolerie (appunto) fatte per suscitare ataviche paure. Ed io mi ricordo bene le corse, da imberbe fanciullo, lungo il corridoio buio che portava al gabinetto con la pisciarella pronta a schizzare fuori se non beccavo il pisello al momento giusto. Che paura! Che corse! E che pisciate!
Scarto l’ironia sui gialli storici, o meglio su certi gialli storici che vanno a ritroso nel tempo fino al paleolitico, quando con un colpo di clava in testa si stendeva l’avversario senza tanti cincischiamenti sofisticati.
Scarto l’ironia incazicchiata alquanto su certi libracci dove vengono infilati a forza, solo per una questione di mercato, bambine e bambini impauriti, molestati, torturati, violentati e a loro volta in futuro torturatori e violentatori.
Scarto l’ironia sulle lamentationes che arrivano da tutte le parti. Da chi è pubblicato, da chi non è pubblicato, da chi sta per essere pubblicato. Perfino da chi non vuole essere pubblicato (qualcuno controcorrente ci sarà pure).
Scarto l’ironia su tutto il resto. Rimane quella su me stesso, la famosa autoironia. Di uno che si diverte a saltimbeccare di palo in frasca, a punzecchiare di qua e di là, a sbeffeggicchiare di sopra e di sotto, pensando, il bischerello stagionato, di far sorridere qualche lettore.
Ecco, questa è la stronzata giusta per Sartoris, condita da qualche parola di mio conio appuntata in qua e là, per renderla più presentabile.
[Fabio e Jonathan Lotti]
Nessun commento:
Posta un commento