lunedì 29 agosto 2011

famo a capirse...

Un sacco di roba interessante per le mani in questo torrido spirar d'estate: giusto un paio di segnalazioni per scaldare i motori in vista della nuova, trepidante annata lavorativa di questo blog: anzitutto The Messenger, oltre le regole, un bel drammone solido e a suo modo arguto sulla guerra e il rapporto degli americani con la medesima. La pellicola (del 2009) segna l'esordio alla regia di Oren Moverman, che ha cosceneggiato il film assieme all'italiano Alessandro Camon (figlio di Ferdinando, scrittore nostrano più volte candidato al Nobel). Presentato in anteprima al Sundance Film Festival e successivamente in concorso alla 59ª edizione del Festival di Berlino, aggiudicandosi l'Orso d'Argento per la miglior sceneggiatura e il Peace Film Award, il film vede il giovane sergente Will Montgomery (Ben Forster) far ritorno dall'Iraq, profondamente segnato nell'anima. Gli viene affiancato il capitano Tony Stone (un ottimo Woody Harrelson), un veterano duro e cinico col quale viene assegnato al Casualty Notification Officer. I due hanno il delicato compito di informare i parenti dei soldati caduti in guerra, e con il tempo impareranno a fronteggiare le diverse reazioni dei parenti delle vittime, a rimanere distaccati e freddi dinanzi al dolore. Un giorno bussano alla porta della neo-vedova Olivia Pitterson (Samantha Morton, la precog di Minority Report), per informarla della morte del marito, Will rimane molto colpito dalla donna fino a farsi trascinare nel suo dolore e successivamente intrecciare una relazione con lei, ritrovandosi a fronteggiare un forte dilemma etico. Bravissimi gli interpreti (c'è pure un toccante Steve Buscemi), interessante la struttura, si nota il tocco europeo nell'approccio emotivo all'annoso problema delle vite lacerate di chi sopravvive ai conflitti. Da recuperare subito!

Poi, per chi non fosse al corrente dell'incredibile (e grottesca) vicenda che sta dietro alla bontà croccante dei cereali della prima colazione, il pugliese Silvestro Ferrara in Mai dire mais (editore Bevivino) ci racconta in maniera frizzante, scanzonata e mai didascalica del personaggio di John Harvey Kellogg, inventore dei fiocchi di mais e di altri cibi «gastricamente corretti». L'originale scienziato, instradato sulla via del salutismo da una coppia di avventisti, i coniugi White, diresse dal 1876 al 1943 il Sanitarium di Battle Creek, una clinica d'elite per obesi, dispeptici ed erotomani. Nella sua follia l’eccentrico dottore propinava ai malcapitati pazienti diete a base di cibi insapori, incitandoli a ripetere la masticazione infinite volte: e poi ancora riposini rigorosamente all’aperto (anche a meno venti) e sedute estenuanti di esami clinici. Inoltre, convinto che il liquido seminale riparasse i tessuti danneggiati all’interno del corpo e per questo bisognasse disperderne il meno possibile, fu il promotore di una grande crociata contro la masturbazione, assurgendo a incubo per la generazione di adolescenti cresciuta nei paraggi della clinica: al minimo segnale di pubertà captato dai genitori, i poveri ragazzi venivano condotti dal dottor Kellogg il quale, tramite pratiche poco ortodosse (quando non legali), tentava di estirpare le “insane” abitudini.

Giusto un interrogativo su Capitan America, il primo vendicatore di Joe Johnston da poco transitato al cine: ma davvero abbiamo aspettato per anni con l'acquolina alla bocca la grafica computerizzata giusta e un 3D di livello per assistere a simili ciofeche? A parte la faccia imberbe - e del tutto fuori contesto - di un Chris Evans dapprima frustrato mingherlino e poi maranza pompatissimo, ma possibile che in un film di nazisti non si veda uno - dico, cazzo! - un dannatissimo nazista in divisa? In pratica: tenersi lontano mille miglia da questa boiata pazzesca (con tutto che il buon Tommy Lee «faccia di pietra» Jones è della partita: peccato)!

Alessandro Mari ha vinto con Troppo umana speranza (Feltrinelli) il Premio Città di Milano come il titolare del blog (e anche il Viareggio, se è per questo) e generalmente da queste parti ci teniamo alla larga dal recensire libri che abbiamo giudicato (Sartoris è parte della giuria del Premio per diritto acquisito): però Alessandro merita davvero un grande applauso per l'incredibile lavoro di documentazione e l'indubbia capacità affabulatoria. Il romanzo è denso (quasi 800 pagg. che scivolano via come le rapide di un fiume) e la lingua è ricca, affascinante, riccioluta e mai scontata, s'imparano un sacco di cose sulla generazione che fece l'Italia ma anche (e soprattutto) su quella attuale. E in più c'è tanto sesso. Davvero un libro come non se ne scrivevano da tempo, in questa nostra Povera Patria (Battiato docet).
Infine un titano della prosa/poesia/narrazione contemporanea, misconosciuto ai più eppure assolutamente imperdibile: Lello Voce con il suo Il Cristo Elettrico (No Reply) - conclusione di una trilogia iniziata con Eroina (Transeuropa, 1999) e continuata con Cucarachas (Deriveapprodi, 2001) - un'opera che rimescola e frantuma a capitoli alternati gli episodi precedenti per toccare vette sublimi di lirica e orrore: tra drogati in piena scimmia amanti della poesia che fraternizzano con gli scarafaggi e letteratura epistolare, un tuffo spericolato nelle quotidiane amenità ma anche tra le cattiverie più infime e rivoltanti, razzolando tra carceri e follia, assonanze onomatopeiche e metafore ardite. E poi ancora immigrazione, abusi di potere, scintille che sfrigolano, l'irrefrenabile ricerca di una dose per sedare l'anelito chimico sino alla rappresentazione complessiva di una pura esistenza da junkie in cui ci si rispecchia - paradossalmente - un po' tutti. Maestoso lavoro sulla lingua, scoppiettante ritmo onirico, impossibile da leggere in fretta (grazie a Dio!). E siccome il Voce è uno che la sa lunga, il romanzo lo potete scaricare qui in pdf!

6 commenti:

U. ha detto...

La storia di Kellog la ignoravo completamente finché ho visto Morti di salute, una commedia a tratti demenziale con un istrionico Anthony Hopkins nei panni dell'inventore dei cornflakes. Da allora sono passato al müesli! :)

Marco Parlato ha detto...

Volendo fare un paragone, The messenger - ambientato nella patria in guerra - l'ho preferito di molto a The hurt locker - ambientato dove la patria va in guerra.

È da (troppo) tempo che voglio leggere Lello Voce. Provvederò.

Bentornato? :>

sartoris ha detto...

@U. è vero, mi ricordo bene quel film, non l'ho menzionato perché credo meriti un post a parte tanto era pazzo e scombiccherato :-)

@Marco, visto che alla fine sono riuscito a vederlo, The Messenger? gran film, molto soddisfatto :-))

Anonimo ha detto...

ehi, ma c'è la Mostra di Venezia: che ci racconti?

Marco Parlato ha detto...

Visto, visto! Davvero fatto bene, come film. Peccato sia passato un po' in sordina.

sartoris ha detto...

@Anonimo: 'spettiamo di vedere qualche film, almeno, c'è quello sui delitti in Texas che sembra bellissimo!