La Meute in italiano significa qualcosa tipo «il pacco», ma anche «la muta», intesa come branco di animali. Il film horror francese firmato nel 2009 dal giovane Frank Richard centrifuga parecchi spunti: alcuni molto interessanti, altri così-così, qualcuno decisamente scontato; comunque testimonia in maniera inequivocabile (e senza dubbio godibile) una vivacità del cinema d'Oltralpe che quaggiù nelle nostre lande ci sogniamo. La storia - ben scritta, rapida ed efficace - è una sorta di rivisitazione del mito del ghoul, creatura sovrannaturale che nella demonologia araba si
aggira pei deserti in cerca di fresche carni di bimbo, pascendosi dei cadaveri.
Si comincia con una ragazzotta cazzuta (e oggettivamente fàiga: si tratta di Émilie Dequenne) che attraversando in macchina un landscape semidesertico carica a bordo un autostoppista piuttosto malmesso, dal quale si farà convincere a fermarsi a mangiare un boccone in un folkloristico rifugio western in mezzo al nulla. Quando l'autostoppista si assenta per la toilette, la ragazza preoccupata lo va a cercare, inutilmente. Verrà bloccata e sequestrata dal proprietario del ristorante, (un donnone inquietante interpretata dalla brava Yolande Moreau, già vista in Amélie), che si dichiara madre dell'autostoppista nonché di altri misteriosi figli «affamati», una muta (appunto) di orride creature assetate di sangue. Alla sventurata giovinotta toccherà quindi rendersi conto di figurare nel prossimo menù dello strano ristorante.
Operina nel complesso ben strutturata, il film tritura atmos-fere stranote alla Texas Chainsaw Massacre per infar-cirle di quella allure particolare che si respira sempre nelle pellicole francesi, aggiungendoci però una idea forse non originalissima ma assai azzeccata e di sicuro impatto: quella degli “uomini-talpa” (sono copie a budget zero delle creature sotterranee del cult inglese The Descent, ma fanno davvero paura col loro passo claudicante e lo sguardo zannuto e privo di occhi). Ad un buon avvio ricco di suspense il regista francese non sa forse far seguire uno svolgimento all'altezza, ritrovandosi come niente col fiatone ma recuperando sul fil di lana all'apparizione dei mostracci. Arrancando verso il finale in un calderone di rimandi e citazioni, La Meute accumula un certo numero di forzature (inguardabili le figure dei motociclisti, stereotipati e davvero privi di qualunque spessore), però la visione d'insieme diverte non poco, impressiona anche, e la fotografia è ottimamente curata da quel Laurent Barès che contribuì a fare di Frontiers un film amatissimo tra gli appassionati. Il tasso di gore è abbastanza elevato ma mai aggràtis, e gli attori, tra cui un veterano come Philippe Nahon, sono tutti decisamente in parte. Bello pure il commento musicale. Forse non un capolavoro, sicuramente una spanna sopra a tante produzioni gemelle. Consigliatissimo ai fan del filone (anche quaggiù ne parlano in maniera approfondita)
5 commenti:
Mi era balzato all'occhio il titolo tempo fa, ma ho preferito saltare, dopo avere visto qualche spezzone deludente su youtube - in particolare i motociclisti stereotipati...
Mi spiace per Yolande Moreau che adoro.
@ marco: bhe' comunque qualche scena interessante c'è, e la tipa è carina :-)
Felice che ti sia piaciuto. Non è una roba che rimanga nella memoria, ma, insomma, ogni tanto un bel film cazzone ci sta, o no?
Ah! Ho visto Pig Hunt e... il rutto finale mi è scappato in sincronia con il grugnito di porkzilla! Davvero forte (il film, non il rutto XD), peccato abbiano risparmiato sul bestione che a vederlo in qualche scena in più non avrebbe fatto schifo.
** Grazie per il link!! **
@Eddy, hai ragione, un po' di film cazzoni ci stanno bene, e poi far bene i film cazzoni è un'arte che richiede maggiore maestria che farne uno "normale", a volte :-)
("Razorback" l'hai visto? È degli anni '80 ma offre una bella caccia al cinghialone in salsa australiana davvero potente!)
Appena recuperato ;)
Posta un commento