Per via del recente remake negli ultimi tempi si è assai discettato a proposito de Il Grinta e la versione dei Coen ha richiamato inesorabilmente l'interpretazione del mitico John Wayne col relativo Oscar che il ruolo di Rooster Cogburn gli fece meritare. Comunque la si pensi sul Duca - sono infatti risapute le simpatie fasciste dell'attore, che nella vita reale pare non fosse propriamente così «eroico» come nei film - non si può però non ricordare che la sua interpretazione più grande, quella che più di ogni altra andava premiata con l'agognata statuetta d'oro, è fuor di dubbio quella che il regista Don Siegel gli offrì nel 1976, quando ormai stanco e malato l'attore impersonò il ruolo di Bernard Brooks in The Shootist, pellicola tratta da un'altro romanzo western di grande successo al pari de Il Grinta. Qui The Duke è un ammazzasette di fama cui un male incurabile sta per sottrarre gli ultimi giorni di gloria. Sarebbe opportuno ritirarsi e godersi ciò che resta della vecchiaia, ma l'anziano pistolero ha ancora da vendicare l'assassinio del fratello per cui, nonostante una vedova, suo figlio e un vecchio medico cerchino di dissuaderlo, torna in città per regolare i conti con tre figuri: perché una leggenda è una leggenda!
Arrivato da noi col titolo Il pistolero, il film è un sublime, inarrivabile western autunnale o, se vogliamo, una partitura funeraria con sella e speroni: un'opera perfettamente in grado di rappresentare il tramonto di un eroe (oltre che di un genere). Ambientato a Carson City nel 1901 in mezzo alle prime automobili, la vicenda colpisce lo spettatore anzitutto per la straordinaria coincidenza tra la realtà biografica dell'interprete e la finzione scenica di cui egli è protagonista. Wayne, nei panni d'un Frontier-man oramai stagionato, viene infatti informato da un dottore - interpretato da un altro mito dei bei tempi che furono: James Stewart - di essere affetto da un cancro in fase avanzata. L'attore è anche nella realtà stremato da quel male e morirà tre anni dopo la lavorazione. La storia s'avvia con una sequela di frame relativi alla giovinezza dello shootist che sono in verità scene di vecchi successi di Wayne dove l’attore appare in tutto il suo virgulto splendore, e che diventano quindi il contraltare più efficace al naturalismo espressivo della sua recitazione, talmente vera e sentita da suscitare a tratti sincera commozione. L'intero racconto è costruito con meticolosità su un impianto classico e conduce in un crescendo calibratissimo all'atteso duello finale. Al contrario di mille film gemelli qui lo scontro ha però il sapore della cesura definitiva, perché oltre alla morte del protagonista aleggia sulla vicenda la fine di tutto un mondo: la modernità infatti sembra ripudiare le forme primitive di giustizia ad personam ed è tempo ormai, per il Paese, di lasciarsi alle spalle la violenza (ovviamente, una pia illusione!). Intanto, quasi a ufficializzarne la connotazione di rito definitivo, il circo mediatico dell'epoca - i giornali e il passaparola frenetico - fungono da cassa di risonanza dell'evento. La piccola città viene pertanto percorsa da un frisson che mescola paura, fascino e riprovazione ma sulle quali troneggia in soldoni l'invincibile forza del mito Brooks, un vecchio uomo d'armi che ha ucciso 30 uomini in duelli leali e che ora sfida tre ceffi che gli hanno azzoppato la famiglia. Quanto basta perché, secondo il canone del West, egli venga in fondo considerato nel giusto. Il sempre ammirabile Don Siegel (inutile ricordare che è il padre dei polizieschi di Callaghan/Eastwood) mette con maestria in risalto le paure sino allora sconosciute che animano il tramonto del pistolero, ma anche la sua coerenza etica (declinerà l'invito di una sua avida ex-amante a sfruttare editorialmente le sue memorie). La perversa dicotomia vita-morte scuote e acuisce gli umori della città, ma per la famiglia che ospita il pistolero (la vedova Lauren Bacall col figlio Ron Howard) tutto appare velato da una patina di poesia elegiaca: combattuti tra ammirazione e ribrezzo per ciò che l'uomo rappresenta, i due avvolgono Brooks con la loro sopita solidarietà - quasi avvertendo l’importanza dell’identificazione in gioco con l’eroe prossimo alla scomparsa. Un’importanza che riguarda l’imminente cambiamento nelle abitudini della loro vita e della comunità cui appartengono. E noi ci commuoviamo come vecchie zitelle davanti alla sparatoria finale da vedere rigorosamente in piedi, sull'attenti. Capolavoro.
«...Voglio che nessuno si occupi della mia morte; neanche chi volesse salvarmi l’anima. La morte di un uomo è la cosa più privata della sua intera vita…»
John Bernard Brooks (John Wayne ne Il pistolero)
3 commenti:
Sono stato tutta la mattina in piazza a guardare Santa Lory e la sua posse nel tentativo di rigirare E' una sporca faccenda Tenente Parker come fosse un video di Paul Young e solo ora sbircio il blog sartorisiano e vedo le correlaz come fossi l'ultimo Sherlock della BBC danzare davanti ai miei occhietti: Ben Grimm incontra x caso ed abbraccia il suo mito John Wayne in FF 196
( 1978 ) da F4 Corno 232. Alex Toth è morto al lavoro sul suo tavolo da disegno. Altro che six degress with Kev Bacon ! E' possibile x chi sa gicare a Monopoli lanciare tre volte il dado e passare sulle caselle del Grinta , della First Family e dello artist's artist. Mirabilia.
Kasimira Ketchup Ketchum era la classica ragazza della porta accanto, ma era tanto convinta di essere la vamp's vamp da avere preteso, in sede di rinnovo dei documenti, di indicare che i suoi occhi erano azzurri con sfumature di grigio che danzano nella semiluce dell'imminente crepuscolo e tra i segni particolari spiccava la " consapevolezza di incarnare la sfinge senza segreto che ogni esploratore con cromosoma ipsilon insegue tra le sabbie del tempo fino alla dannazione del ricettacolo di vulnerabilità che osiamo, in talune circorstanze, chiamare anima ".
Mira Ketchup amava il sangue. Degli altri, possibilmente versato in grande quantità, possibilmente contenuto, prima , in eccellenze.
Aveva cominciato con lo stecchire un vecchio divo dei western x poi piallare un cartoonist signore della sintesi.
Ora era nella location di un filmino ambientato negli anni di plastica. Sul set, un ragazzone ex tronista con tutti i capelli scolpiti in frecce che puntavano nord cantava, in playback, Come Back and Stay in direzione di un giovanotto truccato da protagonista di Happy Days ( non The Fonz , l'altro ndr ). Il ragazzo ripieno di lentiggini sorrise e allontanò da se il microfono che l'altro, con tanta grinta, cercava di lasciargli x imbarcarsi sull'Apollo 13 ( o di allontarsi con Apollonia Kotero: la cosa non è chiara). Mira estrasse la sua colt dalla fondina ascellare perfettamente mimetizzata da un collo di coniglio mimetizzato da visone e stava x azzerare Costantino V. x vendetta di quanti non erano riusciti a guadagnarsi un posticino al sole quando Santa Lory la piallò in retromarcia con la sua limo nera. Di scena. E stava solo cercando di parcheggiare, ma non funzionava la videocamera posteriore. Capita quando si passa il polpastrello sopra il sensore nel chiudere il portabagagli. So goes life.
@crepa Santa Lory ti ha flashato... ammetti che stai diventando un suo fan :-)
(Sapevo della morte di Toth: come solo un genio poteva)
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