Nella corposa sequela di ribelli dalla faccia da schiaffi impersonati dal grande Paul Newman (il cielo l'abbia in gloria) un posto di rilievo se lo merita sicuramente il personaggio di Ben, vagabondo piantagrane de La lunga estate calda. La fama di piromane segue questo personaggio anche quando - messa da parte temporaneamente la sua esistenza raminga - decide di mettersi a lavorare per conto di Willy Varner, dispotico padrone di ogni cosa: delle terre, degli uomini, delle bestie e anche della sua famiglia (i figli Clara e Jody, quest'ultimo un ragazzo ingenuo ed emotivamente instabile) che tiene a comando con rigore spartano. Tra Ben e Willy si stabilisce una sorta di simbiosi che è al tempo stesso composta di reciproca ammirazione, sudditanza malsopportata e sfida aperta: come due capibranco si annusano e si rispettano ma la tensione tra i due è palpabile. Un giorno Jody, invidioso, perde la testa, chiude in una stalla papà Willy e appicca il fuoco. Tratto da La carne di William Faulkner il regista Martin Ritt (Hud il selvaggio) realizza un film torbido e passionale affidandosi, oltre che alla maschia presenza di Newman, a grandi interpreti come Joanne Woodward (che su questo set s'innamorò degli occhi più belli di Hollywood dando luogo a uno dei rapporti più longevi del cinema) e un monumentale Orson Welles in una delle sue migliori performance d'attore. La sceneggiatura di Irving Ravetch e Harriett Frank Jr coglie in pieno lo spirito “torrido e assolato” del vecchio Sud di matrice faulkneriana (pur ammorbidendone di parecchio la visione morbosa: era pur sempre il 1958!). Amore, gelosia, passione, ambizione, avidità, frustrazione: questi gli ingredienti dell’affresco che culminerà nelle concitate sequenze finali.
«Un film sul sesso e sul denaro ben congegnato, divertente, recitato benissimo da tutti» (Morandini).
10 commenti:
Oh, bellissimo, davvero. Lo vidi da ragazzina e feci la fine della Woodward su quel set.
innamorata del grande Paul, intendi? :-)
(come te credo mezzo mondo... Perfino i maschi eterosessuali terroni con una latente omofobia - malamente celata da un atteggiamento progressista - come il sottoscritto:-)
Oggi commentando da Re ratto ho pensato al racconto di Faulkner e poi al film e guarda caso cosa mi ritrovo:-)
@Ferruccio, è vero, c'è un po' di Faulkner intorno a te!
(scherzi a parte, da 'ste parti lo troverai spesso, anche se purtroppo confesso di non aver mai avuto le palle di affrontarlo in lingua - ne' la preparazione, direi:-)
Sìssì, e nessuna latenza, per me: poster, fotografie, film. Ho visto persino "Missili in giardino" e mi sono fatta portare dall'America (vent'anni fa) due bottigliette di olio aromatizzato "Newman's Own" che nessuno ha mai potuto usare.
Va da sè che la Woodward non l'ho mai sopportata.
@Annalisa: Newman'Own è quello il cui ricavato andava in beneficenza nevvero? Ribadisco il concetto: che grande che era il vecchio Paul :-)
@ Sartoris: è un problema che ci accomuna, in più direi che certe pagine richiedono una forte preparazione anche con la traduzione in italiano, però Faulkner mi incanta:-)
Sì, allora una parte almeno andava in beneficenza. E adesso, sul loro sito (ho scoperto che hanno un sito!), di fianco alla testata c'è ancora scritto quanto hanno dato in beneficenza in uqesti trent'anni.
Un grande, sì :-)
Con i campi Hole in the Wall e con gli innumerevoli contributi, Newman è stato un esempio vivente di come si possa contribuire a migliorare il mondo :
Lui ha reso migliore la vita dei bambini, delle loro famiglie e dei volontari coinvolti in questa iniziativa unica essendo stato sempre fortemente consapevole di godere di una vita privilegiata, e di quanto , invece, fosse diverso il destino di tanti altri bambini e genitori meno fortunati.Entrare in un Dynamo camp è un'esperienza che commuove e aiuta a migliorare se stessi.
R.i.p. Paul!
@Anonimo (sarai mica la Silvia, che si dimentica sempre di firmare:-), d'accordissimo con te. Una figura come Newman manca davvero allo star-system contemporaneo, perennemente stravolto dal tornado della beneficienza pelosa e il continuo ritocco col botox (forse salverei George Clooney, che di nascosto pare prosegua quel cammino di aiuto verso le popolazioni povere cui l'opera di Newman diede l'avvio - ma il confine tra il marketing e la carità cristiana è assai labile, di questi tempi)
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