Ennesima vittima di quella sempre più micidiale febbre da remake che ha contagiato Hollywood, Brothers (2009) riprende in chiave statunitense il melò danese Non desiderare la donna d’altri mettendo in cabina di regia il bravo Jim Sheridan (quello di Nel nome del padre), il quale salva - grazie anche alla formidabile prova interpretativa del solido cast - l'intero progetto riuscendo a trasformarlo in un film a sé stante, capace di accantonare (in parte) il triangolo amoroso fulcro dell'originale preferendo assecondare un'indagine sociale appassionante dell’America contemporanea attraverso le vicende dei giovani personaggi principali. Il primo dei protagonisti è Sam (Tobey Maguire): un passato da studente modello e performante giocatore di football, costui ha sposato Grace (Natalie Portman, intensa e deliziosa come in Black Swan), la sua fidanzata del liceo con cui ha tirato su la più canonica delle famigliole a stelle e strisce, dove si ringrazia il Padreterno prima di addentare le pannocchie al vapore e si insegna a dire "buongiorno" e "buonasera" alle due vispe bambine nate dall'unione. Inoltre, convinto patriota, Sam è anche un soldato. Un buon soldato. Il film comincia con la sua partenza verso l'inferno dell'Afghanistan; questa volta, però, la trasferta comporta un imprevisto: l’elicottero di Sam viene colpito ed egli dato per morto. Nel frattempo ha fatto ritorno a casa il fratello di Sam, Tommy (Jake Gyllenhaal, sempre più convincente), perdigiorno, ex galeotto e amante del whiskey, cui viene riservata un’accoglienza fredda e assai diffidente. Giunta come un maglio la notizia della morte del figlio-eroe, il quadretto felice ne viene squassato, inesorabilmente; Tommy finisce così per prendersi cura della cognata e delle nipotine in un inaspettato afflato di redenzione e la cosa sfocierà, com'era facile presupporre, in un'attrazione da parte della giovane mogliettina che in lui vedrà il riflesso del marito scomparso. Salvo scoprire che Sam non è morto: l'esercito lo scova tra le montagne afghane in balia dei telebani. Una volta ritornato in famiglia, le torture e le sevizie di cui è stato vittima (nonché quelle che gli hanno costretto a propugnare ai compagni) lo hanno profondamente cambiato. Il dramma è dietro l'angolo.
Con qualche calo di tensione dovuto a una sceneggiatura che qualche volta sembra confondersi sulla direzione da pigliare, indecisa su quanto mostrare dell'innamoramento tra la donna e il cognato looser (ne è autore David Benioff), il film ha il pregio di evitare di affondare il coltello nella problematica definizione di cosa sia la guerra, focalizzandosi soprattutto sui rapporti umani scaturiti dallo strappo e dalla violenza che i conflitti - tutti i conflitti - si portano appresso. Il padre dei due fratelli, con la sua amara visione della realtà, ne è a sua volta un esempio. Anch'egli soldato reduce dal Vietnam, è interpretato da un grandissimo dei nostri tempi, quel Sam Shepard noto anche e soprattutto per la sua attività di drammaturgo. Qui presta il suo bel volto da cowboy stagionato ad un personaggio a principio duro e irreprensibile e poi via-via sempre più docile, disincantato, un uomo che vedendo incrinarsi il Mito che ha costruito attorno al figlio «perfetto» scopre che la vita può risultare una variabile assai meno granitica di quanto ci si sforzi di credere. Ed è il medesimo insegnamento che, dopo aver sbroccato in preda alla gelosia e ai sensi di colpa per aver ucciso un commilitone, anche Sam apprenderà. Pellicola interessante, dai numerosi spunti di riflessione. Da vedere.
2 commenti:
Concordo sulla sceneggiatura a tratti titubante.
Il cast è bravo - anche se la Portman in Black Swan ha recitato meglio - ma soprattutto giovane, e le due cose a braccetto sono un incentivo oggi.
Hai visto The messenger? Sempre tematiche di guerra, ma film diverso - che mi è piaciuto anche di più.
The messenger, cazzo! Ecco un film che devo vedere e che rimando sempre...
Adesso che anche tu me lo hai segnalato, Marco, mi fiondo ad affittarlo :-))
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