«Sapeva di avere la stoffa dei fanatici e dei pazzi, e di esser sfuggito al suo destino quasi con la sola forza di volontà. Si teneva ritto su una linea sottilissima, tra la pazzia e il vuoto». Una fede intrisa di fanatismo bieco, vissuta quasi come un'ossessione, e una ragione sterile e repressa, «spazio nudo e lindo come la cella di un manicomio»; sono questi i due poli opposti entro cui la troika di personaggi di Il cielo è dei violenti muove passi estremi, inquieti e disperati. Sotto un titolo che cita il Vangelo di San Matteo, Flannery O’Connor scolpisce tre spettacolari figure: un vecchio eremita sbroccato che predica la sua religione fondamentalista al deserto silvestre che lo attornia e al ragazzino che ha praticamente rapito (e plagiato), costringendolo a condividere con lui la solitudine dei boschi; il ragazzo, appunto, un iberbe convinto di possedere la capacità di ribellarsi ma che in realtà è stato completamente soggiogato dalla follia dell'anziano; e un giovane insegnante razionalmente, integralmente laico, zio del ragazzo e parente dell’eremita, che vive in città e ha perso ogni speranza di recuperare il nipote. Fino al giorno in cui il vecchio muore, salutato dal ragazzo con una catartica pira, e questi arriva alla porta dello zio. Nel sangue di questi tre uomini si annida il seme di un'unica ossessione, scorre la paura, si avverte il mistero di un'esistenza che pare impossibile comprendere (e accettare).
Mary Flannery O'Connor (1925-1964), annoverata tra i narratori più importanti del Novecento americano, concepì la vocazione di narratrice come apostolato e testimonianza di fede in un mondo che aveva (ed ha) gettato alle ortiche il senso del sacro. Le storie della O'Connor sono ambientate in un Sud primitivo che è ormai un topos, una terra costellata di campagne disabitate e città minuscole, di predicatori ambulanti e incendi roventi, di famiglie contadine contagiate dalla pazzia. La deformazione fisica e spirituale dei suoi personaggi è il mezzo estetico di cui si avvale per provocare nel lettore un giudizio morale. Nel 1988 la sua opera narrativa - e una selezione di quella epistolare e saggistica - è stata pubblicata nella prestigiosa collana della Library of America, un'onore riservato (oltre naturalmente ai grandi del passato) solamente al suo padre artistico William Faulkner. Il prezioso paniere di pagine che ci ha lasciato (due romanzi e un pugno di racconti eccezionali!) l’hanno dunque eletta icona letteraria, e oggi l'autrice è considerata un “mostro sacro” praticamente irraggiungibile. A chi la accusava di indulgere alle bassezze anziché trattare argomenti "edificanti" ribatteva serafica: «Lo scrittore cattolico sentirà la vita dal punto di vista del mistero cristiano centrale: cioè che per essa, a dispetto di tutto il suo orrore, Dio ha ritenuto valesse la pena morire». Non si tratta di dare lezioni di spiritualità o di morale, ma di tentare di rendere di nuovo in qualche modo presente il Mistero a lettori che ne sono radicalmente estranei: «l'argomento della mia narrativa è l'azione della grazia in un territorio occupato in gran parte dal diavolo».
Flannery O'Connor
Il cielo è dei violenti (nuova edizione Einaudi)
4 commenti:
vabe', stiamo parlando di una numero Uno assoluta ;-)
Pippo
@Pippo: ecche te lo dico a fffare? ;-)
Mi piace quando racconti delle scrittrici del sud americano! Buon anno, Omar
Ma questa è LA scrittrice del sud americano. Buon anno di cuore anche a te Antonella :-)
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