La mostruosità fisica, forse per la toccante commistione di pietà e ripugnanza cui generalmente si accompagna, ha sempre suscitato negli attori il medesimo richiamo del miele per gli orsi: Charles Laughton fu un magistrale e deforme gobbo di Nòtre-Dame, Joan Crawford un’inarrivabile ricattatrice dal viso sfregiato in Volto di donna mentre John Hurt colpì gli spettatori di mezzo mondo nei panni del commovente uomo-elefante nel film omonimo. E come non ricordare l’aitante Jean Marais ridotto da Cocteau in un sontuoso e terribile animale ne La bella e la bestia? In Johnny Handsome, del 1989, il regista statunitense Walther Hill sottopone ad un lavoro di pesantissimo make-up un pregnante Mickey Rourke, giocando (anche) sul facile ribaltamento estetico (Rourke, all’epoca in piena auge, era considerato uno dei divi più belli in circolazione, oggi le cose stanno in maniera diversa - ma Rourke ha dalla sua un talentaccio vero che il tempo e i cazzotti sul ring non hanno intaccato) per mettere a segno un solido melodramma d'azione, violento e tirato, che si apre e chiude con due rapine da brivido, montate peraltro in modo superlativo. La storia: piccolo delinquente di New Orleans dal volto deforme, Johnny viene tradito durante una rapina in banca dai compagni, che gli fanno fuori il migliore amico, lo feriscono e se la danno a gambe col bottino. Viene redento in chiave di chirurgia ricostruttiva e trasformato in un bravo operaio da un dottore afroamericano altruista e accomodante. Uno sbirro gli si mette però alle calcagna, del tutto scettico circa la sua palingenesi e pronto a beccarlo nuovamente con le mani nella marmellata. Eppure la coazione che riporta Johnny al delitto, pur essendo difficile da contrastare, non discende affatto dai dai suoi cromosomi criminali, come pretenderebbe il cinico poliziotto che lo perseguita, ma da un sentimento di rivalsa nei confronti di chi gli ha ucciso l'amico, l'unico affetto vero in una vita densa di ferocia, dolore e umiliazione. In un film che gronda amore cinefilo, le ragioni del tema portante («pur con un adeguato restyling un uomo marcio resterà sempre marcio») vengono portate avanti con giustapposta ambiguità da due validi premi oscar: il chirurgo Forest Whitaker e il poliziotto Morgan Freeman. Scritto da Ken Friedman, Johnny il bello va considerato sicuramente tra i migliori lungometraggi di Hill per l'alternarsi dei tempi lenti (carcere, ospedale) e dei tempi forti, la mescolanza dei toni (disperazione, malinconia, melodramma, emarginazione, fatalità), la cura dei personaggi di contorno (la neo-fidanzata ignara dei trascorsi da freak del ladruncolo, la coppia di rapinatori sciroccati e privi di scrupoli), l'intensa interpretazione di Rourke, forse mai più così misurato. Struggente colonna sonora in salsa blues opera di Ry Cooder.
2 commenti:
Me lo sono preso in blu-ray qualche tempo fa...fantastico. Poi Rourke...
@Rourke rulez, Dario:-)
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