martedì 8 luglio 2014

Cipolla Colt: da John Wayne a Onion...

All'alba dei '70 lo spaghetti-western era ormai un filone esausto, ripiegato su sé stesso sino all'auto-cannibalizzazione con titoli sempre più improbabili (tipo Gli fumavano le colt... lo chiamavano Camposanto del 1971). I due Trinità di Barboni sferrarono probabilmente il colpo finale al genere, trasformandolo in una mera (per quanto talvolta deliziosa) parodia; Il mio nome è nessuno (1973) di Tonino Valerii resta non a caso l'ultimo episodio di western «serio» del periodo, soprattutto se si considera che nell'ombra del film si muoveva ancora la mano del grande Sergio Leone, ma il fatto che anche qui il protagonista fosse un Terence Hill abbastanza scanzonato e surreale indica quanto ormai la deriva comica fosse irreversibile. Sporadici - ma talvolta un po' goffi - tentativi di tardo rinverdimento del passato si ebbero infine con Lucio Fulci e il suo I quattro dell'apocalisse del 1975, con Enzo Castellari e il suo Keoma del 1976 nonché con Michele Lupo e il suo California.
Il 1975 segna l'approdo nelle sale di un'altra pellicola di uno dei tre registi succitati, la bizzarra western-comedy dal titolo Cipolla Colt. La trama vede Petrus Lamb, un perfido proprietario terriero nonché capo d'una potente compagnia petrolifera, fiutare un terreno agricolo in cui si cela un ricco giacimento d'oro nero. Con metodi non del tutto pacifici l'uomo tenta di impossessarsene facendo uccidere il proprietario. I due figli di quest'ultimo, Caligola e Nerone, anche se solo bambini cercano di difendere il terreno del padre. Ma un certo Onion, coltivatore di cipolle con la faccia Franco Nero, (qui in versione buffa e biondiccia, in chiave simil-Hill, ed è paradossale se si pensa che Terence Hill aveva cominciato a girare western proprio grazie alla somiglianza con l'interprete di Django) che aveva precedentemente acquistato il terreno, compare a esigerne il possesso. Gli uomini di Petrus tentano vanamente di dissuadere il figuro che si rivela non solo un innocuo coltivatore di cipolle, ma anche un abile pistolero lesto di armi, mani e... cipolle, che usa a mo' di palle da baseball.
Il regista si diverte a disseminare la pellicola di scenette chapliniane e scazzottate degne della migliore tradizione della premiata ditta Spencer/Hill, condite quà e là di qualche occasionale sparatoria; tutti i personaggi sono macchiette caricaturali: l'aiutante di Mr. Lamb che cura la manutenzione della sua mano di ferro (magrissimo con i baffetti alla Hitler e che parla in pseudo-tedesco), lo sceriffo corrotto (che, dopo una sparatoria, si vedrà saltare la cintola dei pantaloni i quali, una volta caduti, riveleranno i suoi indumenti intimi ovvero un paio di eleganti mutandoni femminili), i suoi due aiutanti (gay effemminati con i capelli ossigenati) e persino il cavallo di Onion (che parla in dialetto romanesco!). La visione è un po' avvilente se si considera che tutto era partito da la Grande Rapina al Treno e poi giù sino a John Ford per ritrovarsi infine con personaggi così assurdi e demenziali, però Castellari è un drago con la macchina da presa e il film, a suo modo, è un prodotto sperimentale.

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