giovedì 6 febbraio 2014

Stone e la radio...

Nella città texana in cui trovò la morte Kennedy, a Dallas, il dj Barry Champlain porta avanti un suo scoppiettante show intitolato «Voci nella Notte», sorta di lettino dello psicanalista via etere che riscuote un grandissimo successo d'audience. Personaggio assai sgradevole, fumantino, incapace di tenere il controllo della propria vita privata come talvolta anche delle telefonate in diretta, Champlain si attira assieme al grande plauso popolare anche l'odio di una fetta importante del pubblico in ascolto: un giorno, durante una delle sue nevrotiche sparate radiofoniche, provoca in malo modo un razzista, subendo una minaccia che tragicamente si avvererà. Film claustrofobico, assurdamente maltrattato dal box-office americano e dal festival di Berlino del 1989 (dove il bravo protagonista Eric Bogosian dovrà dividersi ex-aequo il premio per la migliore interpretazione maschile con Gene Hackman), Talk Radio (1988) è sicuramente uno dei migliori film di Oliver Stone. La storia, scritta proprio dal protagonista e da lui portata in giro nei teatri-off di Hollywood prima dell'approdo sul grande schermo, consiste nella germinazione di una tragedia reale: quella dell’assassinio, nel 1984 a Denver, Colorado, dell’intrattenitore radiofonico Alan Berg da parte di un gruppo di neonazisti. Salvo tre capatine all'esterno, Talk Radio è un film chiuso, concentrato, interamente girato nello studio da cui diffonde il programma, all’ultimo piano di un grattacielo, e le vicende narrate si srotolano nello spazio di un week-end, quello che gli osservatori spediti da una rete nazionale hanno a disposizione per decidere se far scoppiare in tutto il paese quella bomba a orologeria che è Champlain.
Eric Bogosian è magistrale nell’incarnare un antieroe dei nostri tempi, con la sua bella voce (in italiano ottimamente doppiata da Roberto Chevalier), e la sua faccia levantina (Bogosian è armeno, ma nel film Champlain dichiara di essere ebreo) che svelano la grande, truce menzogna dei mass-media: quella della finta partecipazione radiotelevisiva, che permette all’uomo qualunque di sbrodolare le proprie fobie, di diffondere frustrazioni e pregiudizi dando concretezza a ogni violenza repressa, facendolo sentire per un attimo (i famigerati 15 min di celebrità?) protagonista.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

visto illo tempore, davvero interessante ;-)
PIPPO

sartoris ha detto...

Pippo ti trovo sempre preparato :-)

Fabrizio ha detto...

ottimo film. sono d'accordo quando scrivi "ingiustamente maltrattato".

sartoris ha detto...

@Fabrizio: e sì, stranamente dimenticato, pure:-)