Era il 2002 (anno in cui Amenabar e Balaguerò stavano già esportando nel mondo un'idea innovativa, tutta iberica della settima arte), quando Juan Carlos Fresnadillo diresse e sceneggiò questo piccolo gioiellino - purtroppo condannato all'invisibilità da una distribuzione prossima allo zero (ma che comunque ricompensò il regista, aprendogli le porte del cinema mainstream con 28 settimane dopo). La storia è originale e intrigante, pur non nascondendo una filiazione sottotraccia di molte cose già viste (Fearless di Peter Weir, ad esempio, oppure Unbreakable di M.Night Shyamalan) e il giovane regista iberico riesce a costruire un film singolare e seducente, in cui il quotidiano, inesorabilmente, si sbriciola in sottili schegge di inquietudine.
Tomas è un ladruncolo uscito praticamente indenne da un terribile disastro aereo. Federico aveva il potere di «rubare» letteralmente la fortuna altrui con un semplice tocco della mano. Sam, ebreo, è sopravvissuto all'Olocausto e gestisce un casinò sfidando in una folle gara di roulette russa chi abbia la presunzione di essere più fortunato di lui. Sara è una poliziotta scampata all'incidente automobilistico in cui ha perso la vita la sua famiglia. Il destino o il caso li faranno incontrare e scontrare in una partita decisiva da cui solo uno potrà emergere «intatto». Presentato a numerosi Festival internazionali e vincitore di due Goya, Intacto si prende la libertà di mescolare con giudizio Kieslowsky e Borges e, nonostante qualche perdonabile incertezza, la pellicola fila tra fantastico e poliziesco grazie a una regia sciolta e a un cast azzeccato (bello il cameo del solito, immaginifico Max Von Sydow), giungendo in volata verso il concitato finale. Il film convalidò l'ondata di vitalità del nuovo cinema spagnolo, qualcosa che ancora oggi - nonostante i morsi della crisi - rende lo scenario iberico unico nel suo genere.
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