martedì 4 dicembre 2012

killer indiani e falchi neri...

Armand Degas, un killer professionista conosciuto come «Falco nero», persegue un suo preciso sistema di regole nel lavoro, soprattutto da quando ha sparato per errore al fratello più giovane. Il suo approccio è spietato ma rigoroso: far fuoco solo quando si ha la certezza di uccidere a colpo sicuro e uccidere chiunque incroci il tuo sguardo durante una missione. Mentre effettua un colpo a Detroit assieme al giovane teppista Richie Nix, il suo sguardo entra in collisione con quello di Wayne e Carmen Colson, una coppia di coniugi in crisi che riesce a mettere in fuga i due malfattori. Sotto il programma di protezione testimoni dell'FBI, Carmen e Wayne vengono trasferiti a St. Louis con una nuova identità, mentre i due killer restano sulle loro tracce.
Tratto dall'omonimo romanzo di Elmore Leonard del 1989, Killshot è purtroppo un film dai numerosi momenti loffi che tradisce lo spirito dell'opera d'origine sotto molti, troppi punti di vista. La regia di John Madden (Shakespeare in Love), è sin da subito in palese debito di fiato di fronte al dinamismo che costella l'universo noir di Leonard, ma soprattutto non riesce a coglierne l'anomala ironia di fondo, quella sorta di sardonico sguardo verso i mali del mondo che lo scrittore ha saputo trasformare in propria personalissima cifra stilistica e che da decenni genera epigoni in tutto il mondo. Della sostanza letteraria la pellicola mantiene solo la robusta ossatura fatta di dialoghi frizzanti e di contrasti fra personaggi granitici e personaggi logorroici. Sull'intero spettacolo - che non si eleva al di sopra del prodotto dignitoso, tanto è lo squilibrio dei registri - si erge però la stazza cupa e monumentale del killer pellerossa Mickey Rourke. L'attore, grazie a Dio da qualche anno in piena fase di rispolvero, riesce a mescolare nella sua splendida interpretazione l'essenza più vera della visione di Leonard, facendosi il tramite di un'amarezza e di una lucida follia che da sole valgono la visione del film.

8 commenti:

LC ha detto...

La versione italiana del film è una delle cose più imbarazzanti che mi sia mai capitato di vedere/ascoltare. I dialoghi, purtroppo sollevati di peso dalla vecchia traduzione del libro (uscita come "il Corvo"), sono frizzanti come una lattina di birra rimasta aperta per quindici giorni. Gli errori di traduzione non si contano: per esempio, nel film Degas dice che il suo lavoro è vendere "peperoni" alle pizzerie, mentre il testo di Leonard dice ovviamente "pepperoni", ovvero salame piccante.

Se poi cominciamo a parlare dei buchi della sceneggiatura non la finiamo più.

sartoris ha detto...

È così, Luca.
Spero tu sia però d'accordo con me che Rourke sia l'unica cosa da salvare del film!!!!

(io, per quell'attore là, c'ho sempre avuto un debole)

sartoris ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Annalisa ha detto...

Lo dico? A me Mikey Ropurke piace così poco che lo evito (voglio dire, anche quando era magro e giovane, non mi piaceva).
Trovo, però, davvero, che in questo film sia quasi perfetto: non solo perché lo guardi e per tutto il film ti chiedi come è possibile che un uomo si possa ridurre in quello stato (vale per lui, vale per Armand), poi perché, in certi momenti, ti trovi a capire e ad ammettere che lui possa (e debba) comportarsi come si comporta. Addirittura, in altri momenti, ti trovi a supporre che possa esserci un finale più lieto. Sì, ovvio, fai il tifo per la mogliettina e il bel marito, ma intanto pensi che, dopotutto, ci possa essere redenzione anche per Falco.
Alcune scene, angosciose davvero, alcuni dialoghi ansiogeni, pur senza che nulla di troppo venga fatto o detto, mi sono piaciute proprio. Nonostante Mickey Rourke ;-)

sartoris ha detto...

@Annalisa: ahi ahi ahi, hai scritto le uniche parole keep-out per questo blog «a me mickey rourke piace così poco», e adesso ti meriti una severa reprimenda :-))

(scherzi a parte, non tirerò fuori i mie consueti argomenti in sua difesa - "ha ereditato il disfacimento fisico di Marlon Brando", "condensa tutto il dolore in un solo sopracciglio alzato", "è puro Actor's Studio alla Al Pacino" - ma ti consiglio di vedere, se non lo hai già fatto, due film agli antipodi che mettono in luce la sua bravura: FRANCESCO della Cavani, in cui un Rourke ancora fighissimo fa diventare seduttivo il santo e ne dispiega la parabola con eccezionale trasporto, e THE WRESTLER di Aronowsky, nel quale il personaggio del lottatore in declino Randy The Ram esprime con dolente autoconsapevolezza un decadimento che è speculare a quello provato dallo stesso attore! Mitico!!!!)

LUIGI BICCO ha detto...

>>è purtroppo un film dai numerosi
>>momenti loffi che tradisce lo
>>spirito dell'opera d'origine sotto
>>molti, troppi punti di vista

Eccone un altro. Un altro film tratto da un qualcosa di Leonard che finisce nella quiescenza della cinematografia adattata dalla letteratura.

Eccheccazzo.

Non che non ce ne siano stati di belli, tratti dalle sue opere. Però quelli brutti son proprio brutti :)

sartoris ha detto...

@Luigi, certo, ma ribadisco all'infinito il concetto: solo per Mickey Rourke resta un film da vedere, nel disastro salvo insomma la sua interpretazione, viva viva Mickey Rourke (bhe' mi sa che c'ho la fissa;-)

(ci sono delle vecchie pellicole western tratte da Leonard realizzate comunque bene, e io il Leonard western lo apprezzo persino più di quello noir!)

Anonimo ha detto...

Rourke non si tocca! (grande)

A.